QUANDO I VERI “RE DI NAPOLI” ERANO I PICHLER DI BRESSANONE 

Agli inizi del Settecento, nel mondo, tre erano le città di riferimento: Parigi, San Pietroburgo e Napoli. Sotto il Vesuvio regnava l’austriaco Carlo VI d’Asburgo. Il sovrano, nato a Vienna, sarebbe...



Agli inizi del Settecento, nel mondo, tre erano le città di riferimento: Parigi, San Pietroburgo e Napoli. Sotto il Vesuvio regnava l’austriaco Carlo VI d’Asburgo. Il sovrano, nato a Vienna, sarebbe passato alla storia essenzialmente per essere stato il padre di Maria Teresa, la grande imperatrice. A Napoli, in quei tempi di splendore, viveva anche un sudtirolese in cerca di fortuna. Si trattava di Anton Picher che i napoletani chiamavano Pikler, con la k, ovviamente! Anton era nato a Bressanone e aveva abbandonato la natia valle dell’Isarco in cerca di fortuna. La Napoli asburgica era il luogo ideale per farsi una nuova vita. Così fu. Facendo l’orafo, prima, e, poi diventando un impareggiabile maestro intagliatore di cammei di corallo e pietre dure.

Con la sua abilità e il suo talento soppiantò ben presto la fama i locali artigiani sorrentini. La notorietà di Anton Pikler crebbe di giorno in giorno e divenne di dominio pubblico. I suoi lavori raffinatissimi divennero ben presto oggetto di desiderio da parte della nobiltà, dei ricchi commercianti e dei prelati d’alto rango. La sua attività conobbe un enorme successo e la sua bottega divenne il luogo più frequentato della Napoli barocca. Era conosciuto alla stregua di un sovrano. Anzi, era famoso e riverito come, e ancor di più, del vero “Re di Napoli”.

La Napoli di Pichler era anche la Napoli raffinata dei Vico e dei Metastasio. Era anche la Napole in cui era all’opera anche il genio di Giuseppe Sanmartino, ovvero dello scultore che con un’unica opera ha raggiunto l’immortalità. A lui si deve la realizzazione - per la stupefacente cappella dell’illuminato e controverso principe Raimondo di Sangro VII principe di Sansevero – di quel capolavoro scolpito nel marmo che è il Cristo velato. Un’opera che di per sé è un’imperdibile “Destinazione meraviglia” nella Napoli delle meraviglie. A Napoli Anton Pichler da Bressanone diede vita ad una autentica “dinastia” di maestri dell’arte glittica. Per oltre un secolo dire “cammeo” significò dire nient’altro che un gioiello “firmato” Pichler. Infatti, oltre a papà Anton, assurse a livello di “mito” anche il figlio Giovanni Johann Pichler e il talentuoso nipote Luigi Luis Pichler. Una dinasty di grandi artigiani-artisti che attraverso un secolo e mezzo fino e che si estinse verso la metà dell’Ottocento quando Luigi Pichler si spense a Roma dove la famiglia si era nel frattempo trasferita. Va detto che i cammei “firmati” da Antonio Pichler e, ancor più, quelli realizzati successivamente dal figlio Giovanni Pichler erano ambitissimi. Non era solo la nobiltà napoletana, e successivamente romana e vaticana, a contenderseli. Era l’intera la nobiltà del Settecento europeo che ambiva possedere ed esibire un cammeo intagliato dai Pichler, tant’è che oggi diverse miniature intagliate nel corallo da Anton, o da Giovanni o da Luigi sono esposte nientemeno che al British Museum di Londra, a Milano, a New York e in Vaticano.

A dire la verità Giovanni Pichler, che era un napoletano doc (essendo nato a Napoli l’1 gennaio 1734), accrebbe la sua fortuna trasferendosi a Roma allorché gli Asburgo dovettero lasciare il trono all’ombra del Vesuvio al rampo spagnolo dei Borbone. Il poeta Vincenzo Monti, nell’esaltare la capacità raffinata di Giovanni Pichler, lo definirà essere un “immortale”. Sta di fatto che un cammeo “firmato” Pikler valeva un tesoro. Erano ambitissimi dalla nobiltà e dal mondo vip del Grand Tour di allora. A Roma, dove Giovanni a aperto bottega a partire dal 1743 (prima aveva lavorato anche a Milano e Pesaro), è stato amico anche di Goethe e del suo ritrattista ufficiale Tischbein. Tra i suoi clienti, è giusto ricordarlo, ci furono anche l’imperatore d’Austria Giuseppe II d’Asburgo, nobili, cardinali e tutti i maggiorenti dell’epoca oltre al Papa Clemente XIV. Anche Pio VI volle essere ritratto in uno dei suoi preziosi cammei.

Per finire un paio di curiosità. Cosi come accadde per papà Anton, anche Giovanni si sposò due volte. Anton ebbe complessivamente ben 11 figli, mentre Giovanni ne ha avuti “solo” nove. Tra questi anche Giacomo e Luigi entrambi ottimi incisori a loro volta. Luigi fu anche amico e collaboratore del Canova. Una menzione spetta alla diletta e bellissima figlia Teresa che fu nientemeno che “musa” di Ugo Foscolo.

A confermare che Giovanni Pichler, al tempo, era realmente considerato un “immortale” va ricordato che un suo busto (oggi ai Musei Capitolini) venne collocato nientemeno che al Pantheon (prima che diventasse sepolcro dei re Savoia), tra i supergrandi d’Italia accanto alla tomba di Raffaello.















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