Decreto Fer, perché Bruxelles ha detto sì



Quotidiano Energia - “La Commissione ritiene che lo schema notificato persegua un obiettivo di comune interesse in modo necessario e proporzionato senza influenzare indebitamente la concorrenza e il commercio, e che perciò l’aiuto è compatibile con il mercato interno sulla base delle linee guida in materia di aiuti di Stato per l’ambiente e l’energia” (Eeag). E’ quanto conclude la decisione con cui la Commissione Ue ha dato il via libera a metà giugno al decreto Fer 1, ora in attesa del via libera definitivo della Corte dei Conti. Dalla decisione emerge innanzitutto che le autorità italiane prevedono la partecipazione alle aste di progetti eolici e FV per circa 20.000 MW e idroelettrici e a gas residuati per 1.100 MW, quindi “ben oltre” le disponibilità dei rispettivi gruppi. Di conseguenza, il nostro Paese “si attende un numero di offerenti abbastanza alto da assicurare alle procedure un livello di concorrenza sufficiente”. Allo schema di decreto Fer hanno presentato osservazioni a Bruxelles dieci associazioni e società, più tre “attori di mercato che hanno chiesto l’anonimato”, nel periodo compreso tra gennaio e maggio 2019. Si tratta in particolare di European geothermal energy council (Egec), Elettricità Futura (EF), AssImpIdro, Anie, Assoidroelettrica, Free Rivers Italia, Legambiente, Centro italiano per la riqualificazione fluviale (Cirf) e FederIdroelettrica, oltre all’azienda olandese Emergya Wind Technologies (Ewt) che ha presentato un reclamo formale. La Commissione ha trasmesso le osservazioni alle autorità italiane tra il 26 febbraio e l’11 giugno, ricevendo le repliche il 10 maggio e il 12 giugno. Tra le numerose osservazioni pervenute all’esecutivo comunitario, spiccano quelle sull’esclusione dallo schema degli impianti geotermici e di alcune tipologie di centrali idroelettriche. Quanto alla geotermia, tenendo conto “dell’intenzione delle autorità italiane di accrescere la performance ambientale delle installazioni”, la Commissione concorda con il rischio che la tecnologia divenga troppo costosa per competere ad armi pari con le fonti incluse nel decreto e ne giustifica quindi lo spostamento in un “meccanismo di sostegno separato in linea con le Eeag”. Sul fronte dell’idroelettrico, Bruxelles nota che l’accesso allo schema incentivante limitato dalle autorità italiane ai soli impianti che non hanno un impatto negativo sui corpi idrici e a quelli con concessione assegnata nel rispetto delle linee guida nazionali del 2017 è in linea con le Eeag, secondo cui “gli Stati membri devono rispettare la direttiva quadro sulle acque (Wfd)”. Per lo stesso motivo la Commissione ammette l’esclusione dallo schema dei rifacimenti che non mutano il regime di flusso delle acque e, replicando alle osservazioni circa un livello troppo basso delle tariffe incentivanti, ricorda che “l’aiuto di Stato è considerato proporzionato se è limitato al minimo indispensabile per raggiungere l’obiettivo di protezione dell’ambiente che ci si propone”. Più in dettaglio, il paragrafo 131 delle Eeag prevede che “l’aiuto per unità di energia non deve eccedere la differenza tra il Lcoe della tecnologia in questione e il prezzo di mercato, includendo un normale ritorno del capitale”. E gli Lcoe (levelized cost of electricity) proposti dall’Italia nello schema “sono ragionevoli”. Ewt ha anche sostenuto nel suo reclamo che eolico e fotovoltaico non avrebbero dovuto competere negli stessi gruppi a registro, dal momento che il FV ha già raggiunto la market parity mentre l’eolico ha ancora bisogno di sostegno. Bruxelles ha però sposato la replica dell’Italia, secondo cui “l’attuale tasso di sviluppo del FV non sarebbe sufficiente a centrare il target al 2030”. Infatti, “a determinate condizioni l’aiuto di Stato può essere uno strumento appropriato per contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Unione”.









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