Elettricità Francia, inverno “sotto sorveglianza”



Quotidiano Energia - I capricci del clima potrebbero mettere sotto pressione il sistema elettrico francese fino al 2020, e anche dopo questa data se non saranno attuate tutte le misure tecniche e politiche previste. In base al Rapporto sull’inverno 2018-2019 e al Bilancio previsionale al 2023 dell’operatore della rete transalpina Rte, infatti, tra gennaio e febbraio 2019 il sistema dovrà rimanere “sotto sorveglianza” e fino al 2020 “sarà in equilibrio ma senza margini”, a causa della chiusura dal 2014 ad oggi di 5.700 MW termoelettrici. Per quanto riguarda l’inverno in corso, Rte prevede un consumo in linea con quello di un anno fa, con picchi di domanda a 85.000 MW. In caso di temperature a gennaio e febbraio inferiori alle medie stagionali di 6,5 °C (evento che si verifica una volta ogni 10 anni), la domanda salirebbe a 100.000 MW e a 109.000 MW se il termometro scenderà di 12 °C sotto le medie. Rispetto a un anno fa, Rte potrà contare questo inverno su una maggiore disponibilità eolica (l’installato ha raggiunto i 14.500 MW), fotovoltaica (8.500 MW) e soprattutto idroelettrica (grazie all’alto livello degli invasi), mentre gli interrompibili garantiranno almeno 2.000 MW e la capacità d’importazione sarà al massimo con 8.100 MW (di cui 1.000 MW dall’Italia). Anche la disponibilità del parco nucleare sarà più alta di oltre 4.000 MW nei confronti di quella dell’inverno 2017-2018, ma non nella seconda metà di gennaio e per tutto febbraio quando risulterà invece ai minimi da 10 anni a seguito del fermo di 5 centrali (contro le 3 di un anno prima). Nell’eventualità di picchi di consumo a 100.000 MW (prossimi al massimo storico di 102.000 MW del febbraio 2012), nei primi due mesi del 2019 la Francia sarà perciò dipendente dalle importazioni e dovrà ricorrere a una serie di “azioni post-mercato” come “appelli ai cittadini per il risparmio energetico, interrompibilità volontaria dei grandi consumatori industriali, riduzione della tensione sulle reti di distribuzione e, come ultima risorsa, interruzioni temporanee a rotazione”. Tale situazione dovrebbe protrarsi nell’intero 2019 e nel 2020, ma - come detto – in seguito si avranno “maggiori margini di manovra”, che consentiranno di chiudere la centrale nucleare di Fessenheim (1.760 MW) e centrare l’obiettivo del Governo di uscire dal carbone entro il 2022. In dettaglio, delle cinque unità a carbone francesi (per un totale di circa 3.000 MW), due potranno cessare la produzione a metà 2020, due nel 2021 e una nel 2022. Il tutto, sottolinea però il Tso, solo a condizione che si realizzino tutte le misure previste dalla Programmazione pluriennale dell’energia del 2016 e i progetti in cantiere: gestione dei consumi elettrici, aumento dell’efficienza (le stime Rte indicano risparmi per 4 GW al 2023), rispetto delle tempistiche nelle revisioni dei reattori nucleari, messa in produzione nei tempi previsti dell’Epr di Flamanville e della centrale a gas di Landivisiau, nessuna chiusura aggiuntiva di impianti di generazione, entrata in funzione nel 2020-2021 delle tre nuove interconnessioni in cantiere (una con l’Italia e due con il Regno Unito). Last but not least, dovrà concretizzarsi il forte sviluppo delle energie rinnovabili indicato nella Programmazione, poiché “le proiezioni di Rte indicano che lo sviluppo delle Fer non costituisce soltanto una variabile della decarbonizzazione del mix energetico, ma è ormai indispensabile per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti elettrici”.    









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