Fer, il Governo contro i paletti della Basilicata



Quotidiano Energia - Non piacciono al Governo le nuove norme per le fonti rinnovabili introdotte alla fine dell’anno scorso dalla Basilicata con la legge regionale 38/2018. Il Consiglio dei ministri di ieri, su proposta del ministro per gli Affari regionali Erika Stefani, ha deliberato infatti di impugnare il provvedimento, recante “Seconda variazione al bilancio di previsione pluriennale 2018/2020 e disposizioni in materia di scadenza di termini legislativi e nei vari settori di intervento della Regione Basilicata”. In particolare, secondo l’esecutivo, “varie disposizioni in materia di impianti eolici e Fer contrastano con i principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione dell’energia, in violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione e di tutela dell’ambiente e dei beni culturali, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione”. In dettaglio, spiega il dipartimento Affari regionali di Palazzo Chigi, sono stati impugnati gli articoli 30, 32, 37, 38, 39, 40, 42, 43 e 52 della legge regionale 38/2018. L’art. 30 disciplina l’estensione delle aree nelle quali più iniziative possono integrare casi di cumulo degli impianti Fer ai fini della verifica di assoggettabilità alla Via, risolvendosi – a giudizio del Governo - in un “ingiustificato aggravio procedimentale” e andando a “frustrare l’esigenza di uniformità normativa sul territorio nazionale indicata dall’art. 117 della Costituzione sia sotto il profilo della tutela ambientale sia sotto il profilo dell’autorizzazione degli impianti Fer”. L’art. 32, che abroga e sostituisce l’art. 6 della legge regionale 8/2012 “Disposizioni in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili”, riduce da 1 MW a 200 kW la soglia di potenza massima entro la quale poter utilizzare la Procedura abilitativa semplificata (Pas) ed elenca le condizioni da rispettare per poter accedere alla Pas. Tra queste una distanza dagli altri impianti Fer presenti o autorizzati non inferiore a 1 km. Tale distanza minima, “non prevista in alcuna norma di rango statale, non garantisce il rispetto dei principi fondamentali di tutela della salute e di legalità e non permette un’adeguata tutela dei molteplici e rilevanti interessi coinvolti” rileva l’esecutivo. Inoltre, la disposizione del medesimo art. 32 che introduce l’ulteriore condizione della “disponibilità di un suolo la cui estensione sia pari o superiore a 3 volte la superficie del generatore FV, sul quale non potrà essere realizzato altro impianto di produzione di energia da qualunque tipo di fonte rinnovabile”, contrasta con l’art. 12 del D.Lgs 387/2003 che per l’autorizzazione unica prevede semplicemente “la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto”. L’art. 37, aggiunge il Governo, “pone addirittura una moratoria per le Pas”, con sospensione del loro perfezionamento fino alla conclusione del procedimento di autorizzazione unica, andando a ledere “i principi fondamentali che disciplinano il regime abilitativo degli impianti Fer, tra i quali va ascritto anche il termine di conclusione dei relativi procedimenti”. Gli articoli 38, 39 e 40 recano poi “molte prescrizioni sulle distanze e pertanto ripropongono i profili di incostituzionalità evidenziati con riferimento all’art. 32”, mentre l’art. 42 stabilisce che “le disposizioni di cui agli articoli 29, 30, 31, 34 e 36 si applicano anche ai procedimenti pendenti”, in contrasto con la sentenza 64/2013 della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima una norma della Regione Veneto che disponeva la sua applicazione “ai procedimenti in corso”. Gli articoli 43 e 52, infine, “contrastano con le norme di tutela dei beni culturali e del paesaggio”. Il Cdm di ieri anche bocciato due progetti idroelettrici e uno a biogas, ritenendo che “non ne sussistono le condizioni”. A norma dell’art. 5 della legge 400/1988, il Consiglio ha deliberato di non autorizzare la prosecuzione del procedimento Via avviato da Proteo srl relativo alla realizzazione in provincia di Viterbo di due centrali idroelettriche ad acqua fluente sul fiume Tevere, in località Pietra Amara (Comune di Bassano in Teverina) e Ischiarello (Comune di Graffignano). Il Cdm ha altresì deliberato, a norma dell’art. 14-quater della legge 241/1990, di non consentire la prosecuzione del procedimento Via per un impianto di compostaggio e digestione anaerobica finalizzato alla produzione di biogas ed energia rinnovabile a Garigliano-Cava di Creta, nel comune di Minturno (Latina).  









Altre notizie



Attualità