Nasce il dottorato europeo sulla sostenibilità



Canale Energia -  Nasce oggi la European School of Sustanaibility Science and Research (ESSSR) che, unica nel suo genere, si occuperà di organizzare, pianificare e coordinare gli sforzi nel campo della ricerca e dell’insegnamento sulla sostenibilità. Tra i soci fondatori, i cui rappresentanti hanno preso parte al meeting durato sino a oggi, gli atenei di tutto il mondo, Italia inclusa: Università di Firenze, Hamburg University of Applied Science (HAW), University of Malta, University of Coimbra, University Aberta (Portugal), Lodz University of Technology, Manchester Metropolitan University, Kaunas University of Technology (Latvia), University of Latvia, Abo Akademi University (Turku, Finland). “La scuola ha l’obiettivo di formare studenti interdisciplinari e insegnanti sui temi della sostenibilità, soprattutto ambientale (rifiuti, cambiamenti climatici, energia) con attenzione alle politiche sociali e all’economia”, spiega a Canale Energia il prof. Franco Bagnoli del Dipartimento di Fisica e Astronomia & CSDC dell’Università di Firenze e delegato alla sostenibilità che ha presenziato. Leggi anche La Rete Universitaria per lo Sviluppo sostenibile guarda a nuovi progetti Il ruolo del polo fiorentino sarà importante: “Vantiamo una certa esperienza di corsi online – prosegue Bagnoli – siamo fondatori addirittura dell’unica università online pubblica (IUL) che potrebbe essere la struttura con cui partecipare al master online”. Tanti, poi, i gruppi di ricerca che lavorano sui temi dei rifiuti, dei trasporti, degli inquinanti e delle energie alternative e che si occupano, tra l’altro, di modellistica, data analysis, cognitive structures, human heuristics e social networks. Questi i pilastri del dottorato europeo di cui si è discusso nel meeting: Iniziativa che sarà una vetrina per i progressi compiuti dalle singole Università sul tema della sostenibilità ambientale. Il punto è stato fatto a Firenze lo scorso dicembre durante il Simposio internazionale che ha riunito 70 delegati di 18 paesi: Qatar, Australia, Brasile, Cina, India, Usa e Germania per citarne alcuni. Temi sul tavolo: riduzione degli sprechi e dei consumi, mobilità sostenibile ed energie rinnovabili. In particolare, sono stati presentati i progressi fatti dall’Università di Firenza a tre anni al lancio del progetto Green Office: a fronte di una cifra simbolica sono state distribuite 50 mila carte dello studente per stimolare l’uso dei mezzi pubblici, sono stati installati 16 fontanelli e distribuite 20 mila borracce per evitare lo spreco di acqua e il consumo di plastica monouso, sono stati piantati due orti ecosostenibili in altrettante residenze universitarie ed è stata organizzata una eco-tappa per il conferimento dei rifiuti speciali come pile, farmaci e toner. Leggi anche Università e aziende fanno rete per promuovere l’edilizia sostenibile Resta “l’inerzia del sistema” ancora “difficile da sconfiggere” commenta Ugo Bardi, Professore associato del Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze che, prima di cedere il testimone a Bagnoli, era il delegato alla sostenibilità dall’ateneo. L’onere burocratico “blocca ancora ogni tentativo di far qualcosa di buono, che sia intelligente e utile a tutti, anche all’ambiente”. Togliere piatti e posate di plastica dalle mense degli atenei non è scontato: “Vince il bando chi fa l’offerta più bassa anche perché, nel regolamento, non è vietato l’uso della plastica monouso. Oltretutto, è più costoso adottare le posate in metallo, in termini di elettricità della lavastoviglie ad esempio, e c’è il rischio che vengano rubate”. Un tema, quello della sostenibilità, che oggi sembra andar di moda più che essere la linfa di nuovi progetti. La verità, spiega Bardi, è che oggi ci sono più fondi e che le università, inclusa quella di Firenze, hanno superato il periodo di crisi in cui ci sono stati tagli e accorpamenti e si è dovuto adottare “regolamenti che hanno cercato comunque di garantire il miglior servizio possibile”. Gli acquisti verdi oggi previsti per i soggetti pubblici, università incluse, prevedono “tempi lunghi e competenze”, conclude Bardi, “si parte dalla legge nazionale, si cerca di recepirla a livello locale ma ci si trova di fronte alla barriera burocratica e all’inerzia dei burocrati”.









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