Il caso del tassista e una pessima figura: la violenza sulle donne non si accetta. Mai

Juan Pablo Acero - Acero
Pessima figura, pessimo segnale. Caramaschi aveva promesso il pugno di ferro. Invece la montagna ha partorito un topolino. Una semplice lettera di contestazioni. Era incredibile ieri sentire il consigliere leghista Carlo Vettori, membro della commissione taxi, argomentare la decisione come l’ultimo degli azzeccagarbugli. Appellarsi al garantismo estremo. Da “vogliamo l’esercito nelle strade” a “aspettiamo che la Procura faccia luce”. Ma lui - pochi mesi fa - non aveva fatto (giustamente) il sit-in per difendere la tabaccaia di piazza Stazione aggredita da un clochard nigeriano? E il presidente della coop RadioTaxi Ortombina? Anche lui per la linea “morbida” nonostante registrazione audio, referto medico e denuncia dettagliata. Un atteggiamento per niente condiviso dai tassisti bolzanini, che in gran parte chiedevano una punizione esemplare. Il Comune ieri doveva dare un segnale politico chiaro. Che la violenza sulle donne non si accetta. Punto. Non c’è riuscito. Inutile organizzare le corse con i palloncini rossi, i convegni, i flash mob, se poi, all’atto pratico, non si è capaci di avere coraggio. Non serve un’inchiesta penale per motivare una sanzione disciplinare. In qualsiasi azienda privata la lettera di sospensione sarebbe già partita. Invece il messaggio che viene fuori dalla commissione è solo uno: picchia, offendi, che tanto non succede mai niente. Ma un tassista è come l’autista di un bus, come un vigile urbano, come un poliziotto: devi poterti fidare. Non vorremmo, ma il sospetto è forte, che tanta “prudenza”, sia dovuta al fatto che la signora è di origini africane. La sua parola non vale come quella di una donna bianca? Forse se fosse stata la mamma, la nonna, o la compagna di un consigliere, la commissione avrebbe deciso diversamente. Magari avremmo avuto anche un bel sit-in o un flash-mob. Ma se la questione è il colore della pelle allora ha un solo nome: razzismo. Questo giornale non omette niente. Scriviamo ogni giorno di furti, scippi, rapine commessi da stranieri. O dei problemi legati ai profughi. Così come ci indigniamo per un ragazzo eritreo di 17 anni morto sotto un treno. O per le donne africane costrette a dormire per strada coi bambini in fasce. E ci arrabbiamo per una donna trattata su un taxi, nell’anno 2016, non come una persona, ma peggio di una bestia. Ci auguriamo solo di non avere la sfortuna di salire su quel taxi. Visto che ancora gira.















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