Il presente (non solo in politica) è un tempo infinito



Per dirla con Ornella Vanoni: «È un tempo infinito il presente».

La trovo la miglior descrizione di questa campagna elettorale. La prospettiva è l’oggi. Un oggi prossimo all’eterno. Troppo faticoso parlare ad esempio di femminicidi: bisogna guardare al passato, proiettarsi nel futuro, pensare a nuove leggi, ragionare su nuovi paradigmi culturali. Non c’è tempo. Il 4 marzo è domani.

Impossibile e faticoso, per fare un altro esempio, declinare in modo diverso il concetto di solidarietà o quello di inclusione. Molto meglio puntare su esclusione e ostilità, per non dire vera e propria rivalità. Non richiedono prospettiva. Consentono di scontrarsi su tutto. Di giocare a chi è (almeno all’apparenza) il più forte. In campagna elettorale, ovviamente. 

Sicurezza e immigrazione hanno spazzato via ogni tema, compreso quello del lavoro. Occhi chiusi persino sulla generazione del nichilismo attivo, per usare le parole con cui Umberto Galimberti ha descritto i giovani nel suo ultimo libro. Tema troppo complesso: meglio metterlo in un angolino della campagna elettorale. Rendendolo quasi generico.

Molti, fra l’altro, considerano impropriamente sicurezza (meglio: insicurezza) e immigrazione la stessa cosa. Fare di ogni erba un fascio e di ogni pensiero un pugno nello stomaco consente spesso di vincere le elezioni. Governare - il Paese e i fenomeni che stiamo vivendo - è un po’ più complicato: richiede idee, non slogan o promesse che nemmeno il miglior Crozza potrebbe inventarsi nelle sue inarrivabili imitazioni dei politici nostrani. 

Ora è sceso il sipario sui sondaggi. Tutti abbastanza simili, peraltro, nel dire che ci sarà un Paese spezzato in tre. Sarebbe più corretto dire in quattro, considerato il partito degli indecisi. Partito che all’ultimo, spostandosi di qua o di là, potrebbe essere determinante. 

Scenario insieme preoccupante e ingessato. Ma era così anche cinque anni fa: per ricordarlo, però, bisogna guardare anche al passato. Di nuovo: troppo faticoso. Eppure la legislatura che ora si chiude nel 2013 cominciò con una parola d’ordine: ingovernabilità. Poi, con la benedizione di due diversi capi dello Stato, un’alleanza fra centrosinistra e centrodestra s’è trovata. Al di là dei pezzi che hanno perso o acquisito entrambi gli schieramenti in questi cinque anni, sempre con l’obiettivo di escludere il Movimento 5 stelle, i presidenti Letta, Renzi e Gentiloni sono riusciti ad arrivare alla fine della legislatura con maggioranze assai simili fra loro. La percezione, visto che la percezione oggi conta più di ogni altra cosa, è che si andrà avanti così anche dopo il 4 marzo, con un governo del presidente. Ma la cosa viene o smentita o spacciata per nuova e incredibile. È davvero un tempo infinito, il presente.

 













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