NATALE

Il vero re delle feste: il panettone «made in Alto Adige» 

Molte pasticcerie sfornano il dolce più amato del Natale. Ma attenzione: non sempre il prezzo alto è una garanzia


di Angelo Carrillo


BOLZANO. Fino a qualche anno fa erano pochi appassionati, oggi il panettone dilaga. E non solo a Natale. Grande dolce da meditazione, da gustare da solo, o al massimo con un vino dolce appropriato come uno spumante d’Asti, ha visto, almeno in gastronomia, la “battaglia” con il suo concorrente più prossimo: il pandoro.

Quest’ultimo certamente più conviviale e godereccio - va bene dalla colazione, inzuppato nel latte, al dessert della cena raffinata servito, magari con una crema alla vaniglia o con una salsa di cioccolata amara - sta conoscendo una momento di riscoperta, grazie, sempre ai grandi pasticceri italiani come Andrea Tortora e Giancarlo Perbellini con le sue ofelle.

Ma il re, rimane il panettone sontuoso tributo alla pasticceria da forno non solo lombarda ma nazionale. Infuso di sapori alpini: il burro e mediterranei i canditi di cedro e arancio. Occhio però, perché se non lo fate a regola d’arte potreste anche infrangere la legge. Per la precisione il “DM del 22 luglio 2005” che – grazie al cielo – ne ha disciplinato la produzione e, come accaduto per altri prodotti gastronomici nazionali, ne ha favorito così la diffusione.

Il severo disciplinare di produzione prevede che la denominazione «panettone» sia riservata “al prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a base rotonda con crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico, di struttura soffice ad alveolatura allungata e aroma tipico di lievitazione a pasta acida”.

Il disciplinare vieta anche l’uso di grassi diversi dal burro e mette una serie di paletti agli “improvvisatori creativi” avvicinandoci così alla Francia, che in fatto di tutela di ricette e prodotti nazionali ci è avanti di un paio di secoli.

Anche in Alto Adige molte pasticcerie si cimentano nella produzione di panettoni. Una lavorazione che necessita anche due giorni di lavoro. Tra i primi a proporre il panettone gastronomico in alto Adige, in alternativa a quello di largo consumo e basso prezzo è stato il maestro pasticcere Renzo Zanolini, scomparso ad aprile il cui testimone è stato raccolto dai figli Luca, Devis e Patrick. Nella pasticceria di via Dalmazia se ne sfornano sempre numerosi e dalle composizioni fantasiose ma sempre rispettose della ricetta tradizionale. A fargli concorrenza è stato negli ultimi anni Rudi Pertoll della pasticceria “Peter Paul” che a San Paolo, dopo essersi invaghito, della sua complessità ha cominciato a sfornarne centinaia ogni anno arrivando in meno di un lustro a una produzione di migliaia di pezzi fra panettoni creativi, classici e pandoro.

Da qualche anno, poi il panettone è diventato il vanto di molti patisseur di alta cucina, a partire da Andrea Tortora, pasticciere di Norbert Niederkofler, che ha aperto una vera e propria impresa artigiana di produzione di panettoni premiati da tutte le guide gastronomiche.

Poi ci sono gli appassionati, spesso cuochi o “lievitisti” come Francesco Previati che dopo aver trasformato il SoulFood di Scena in pizzeria gourmet ha cominciato anche a produrre i suoi Panettoni firmati. Così anche Alessandro Bellingeri all’Acquarol di Appiano. Qui troviamo varianti creative come caffè e cioccolata bianca. Pere e zenzero. Per chi volesse prendersi il tempo imperdibili sono i panettoni trentini di Matteo Piffer del Panificio Moderno o quelli di Exquisita di Rovereto.

O i “super local” di Mario Piol dell’Hotel Astoria di Riva del Garda a base di olive candite e scorza di limone. Se volete evitare il viaggio molti offrono il servizio di vendita online, troverete quindi i famosi panettoni Infermentum da www.aromasofitaly.com. Attenzione, però, prezzi alti e lavorazione artigianale non significa automaticamente qualità. La selezione delle farine, dei canditi, del burro e delle uova diventa (fortunatamente) una gara a cercare i prodotti migliori in commercio, ma la qualità sempre giova al gusto finale: troppo umidi, poco cotti, soffici tanto da sfiorare il gommoso, con crosta sempre meno presente o mandorlata, senza quella lieve bruciacchiatura caratteristica del sapore “di una volta” intendendo con questo solo pochi anni fa. Come passa il tempo e le mode.













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