La morte del piccolo disabile curdo iracheno Adan non può restare senza risposte



Adan è morto. Ed è morto a Bolzano. Non doveva succedere. Ma è successo.
Sul banco degli imputati, ancora prima dei medici (l’indagine è un atto dovuto), c’è la Provincia autonoma di Bolzano. Per una circolare che va riscritta (i richiedenti asilo vulnerabili meritano infatti ben altra attenzione) e perché, agli occhi dell’opinione pubblica locale, ma anche nazionale e internazionale, non è pensabile che si muoia così in Alto Adige: nella terra dell’integrazione e della convivenza, nell’isola felice dell’autonomia, della generosità e dell’accoglienza, della bellezza e del benessere, per non dire dell’opulenza.
Forse il piccolo disabile curdo iracheno - che insieme alla sua famiglia ha sfidato su una sedia a rotelle la guerra e la disperazione pur di iniziarla davvero, una vita - sarebbe morto anche in Svezia, dove è stato di fatto respinto, o in ospedali attrezzati, in strutture efficienti, in rifugi accoglienti. Ma è morto qui. Ed è qui che le inchieste (della magistratura e della stessa Provincia) devono rispondere alle più banali delle domande: perché? Com’è potuto accadere? Si poteva evitare?
La tragica morte e anche la tragica vita di Adan sono tutte negli occhi di Kompatscher. Di fronte a questo dramma, il Landeshauptmann non usa scudi. Non accampa scuse. Non cerca scorciatoie. E non scarica le responsabilità, come tende a fare più di un politico, sulle spalle di altri. Ci mette la faccia. Chiede perdono. E con gli occhi lucidi e con la tristezza nel cuore cerca le risposte che tutti si aspettano da lui. Perché - come mi ha detto anche ieri, visibilmente turbato - «non doveva accadere».
Le risposte che Arno Kompatscher aspetta e che pressoché contestualmente dovrà dare a tutti noi, non ridaranno il respiro ad Adan e ai suoi cari, che s’apprestano a spostarsi a Trento (ma davvero Bolzano non riesce a trovare una soluzione? Sarebbe un’altra sconfitta). Quelle risposte - che il presidente dovrà dare al padre e alla madre di Adan, incontrandoli - possono però ridare la speranza e la dignità a una famiglia che ha affastellato troppi dolori nello scaffale dell’angoscia, ai confini dell’esistenza.













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