LO STUDIO

Allarme clima in Alto Adige: a rischio la neve sopra i 1500 metri

Il riscaldamento globale non si ferma. Il Rapporto sul clima di Eurac Research fa il punto della situazione e identifica gli ambiti sui cui lavorare ancora: risparmiare acqua e ridurre le emissioni legate a traffico e turismo



BOLZANO. Oltre 20 studiosi di Eurac Research hanno raccolto e interpretato dati per oltre un anno e mezzo. Sono climatologi, biologi, sociologi, ingegneri e hanno collaborato con oltre 30 esperti del settore pubblico e di altre istituzioni. Hanno guardato ghiacciai, acqua, flora e fauna, suolo, ma anche agricoltura, turismo, insediamenti e trasporti per descrivere l’entità dei cambiamenti climatici in Alto Adige e il loro impatto sulla natura e sulle attività dell’uomo.

Le 125 pagine del Rapporto sul clima si basano su dati esistenti, fatti di cronaca e su previsioni con modelli matematici. Tracciano diversi scenari futuri e propongono una serie di raccomandazioni rivolte agli amministratori.

Alto Adige - Eurac Rapporto Clima 2018 by Pierluigi Depentori on Scribd

Secondo gli scienziati, se nei prossimi decenni le nostre emissioni inquinanti non caleranno, nel 2100 in Alto Adige le temperature estive aumenteranno di 5°C, d’inverno la neve a 1500 metri di quota diminuirà fino al 90 per cento e la portata dei fiumi in estate calerà in modo drastico.

Si tratta di cambiamenti che avranno effetti a cascata in diversi ambiti e che si ripercuoteranno anche sulle attività dell’uomo. In agricoltura e selvicoltura, per esempio, le alte temperature faranno proliferare i parassiti e altre difficoltà arriveranno dalla crescente necessità di acqua per irrigare. Anche gli eventi estremi come le piogge torrenziali e i forti temporali potrebbero aumentare.

Gli smottamenti che nel 2017 hanno bloccato un treno in Val Pusteria o gli allagamenti a Bolzano nell’aprile dello stesso anno sono un assaggio di quello che succederà più di frequente.

Quello «a emissioni invariate» è il più pessimista degli scenari analizzati nel Rapporto sul clima – Alto Adige 2018. Gli esperti di Eurac Research hanno considerato anche uno scenario che prevede una riduzione delle emissioni inquinanti a partire dal 2040. In questo caso gli impatti dei cambiamenti climatici sarebbero meno drastici ma comunque molto significativi.

«Non possiamo predire con esattezza il clima del futuro. Il quadro è molto complesso e ci sono molte variabili in gioco. Ciò premesso, le serie storiche di dati e i modelli matematici ci permettono di individuare dei trend, per esempio delle precipitazioni o delle temperature. Più le serie di dati sono ricche – e in provincia lo sono – più robuste diventano le nostre previsioni» commenta Marc Zebisch, geoecologo di Eurac Research e responsabile scientifico del Rapporto.

Per strutturare al meglio la raccolta dei dati in questo Rapporto sono stati introdotti oltre 20 indicatori – tra cui il numero delle notti di gelo, delle notti tropicali, l’ampiezza della copertura nevosa o la lunghezza cumulativa ghiacciai – che permetteranno un confronto preciso con i dati che si registreranno in futuro.

Ma come si sta muovendo l’Alto Adige sul fronte della mitigazione dei cambiamenti climatici in corso e dell’adattamento a questi cambiamenti? Il Rapporto individua diverse iniziative positive già in atto per esempio legate alla mobilità (Green Mobility) o all’efficienza energetica (certificazioni Casa Clima), ma anche piani strategici più ampi come il Piano Clima Energia 2050 che si pone di ridurre di circa due terzi le emissioni di CO2 pro capite.

Nella parte del Rapporto riferita alle strategie in atto e alle raccomandazioni emerge però come la strada da percorrere sia ancora lunga. Al primo posto tra gli interventi necessari, i ricercatori mettono il risparmio e una migliore gestione dell’acqua, per esempio con impianti di irrigazione a goccia al posto di quelli a pioggia o con sistemi più precisi di monitoraggio dell’umidità dei suoli coltivati.

Al momento il 60 per cento del consumo annuale è legato alla sola frutticoltura. Poi ci sono le emissioni: quasi la metà oggi sono causate dal traffico. La mobilità elettrica e il potenziamento dei mezzi pubblici anche per i turisti potrebbero fare molto per abbassare questi livelli.

«Grazie alle proprie reti di monitoraggio la Provincia raccoglie dati ambientali in modo accurato da oltre 50 anni. A questi ora si aggiungono i dati satellitari e le misurazioni specifiche fatte da Eurac Research e da altre istituzioni di ricerca. Il valore di questo lavoro è quello di armonizzare queste informazioni, interpretarle e tracciare un quadro complessivo del fenomeno che potrà essere tenuto sotto controllo nel tempo. In questo modo nei prossimi anni l’amministrazione potrà anche verificare meglio la validità della azioni che stiamo intraprendendo» spiega Roberto Dinale, vicedirettore dell’Ufficio idrografico provinciale.













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