Aperta «Ötzi 20» La storia della mummia tra scienza e leggende


Marco Rizza


Un viaggio nella storia di Ötzi: non più solo la mummia e i reperti ma anche la riproduzione delle sue condizioni di vita e del suo habitat, i progressi della ricerca, le leggende metropolitane... Da oggi apre al pubblico la mostra «Ötzi 20».  La grande mostra del Museo archeologico per il ventennale della scoperta di Ötzi (la mummia di 5000 anni fa trovata il 19 settembre 1991) durerà fino al 15 gennaio. Sarà uno degli eventi culturali più rilevanti del 2011; una mostra che punta, dice la direttrice Angelika Fleckinger, «ad aumentare i 230 mila visitatori che mediamente registriamo ogni anno, attirando anche chi già ci conosce». In effetti le cose nuove non mancano. Quella che farà più discutere è senz'altro la nuova riproduzione tridimensionale dell'uomo del Similaun: un modello a grandezza naturale realizzato dagli artisti olandesi Adrie e Alfons Kennis che cambierà l'immagine mentale che abbiamo di Ötzi. Partendo da dati scientifici, i Kennis hanno (ri)creato un uomo nerboruto, con barba e capelli brizzolati e lunghi, che dimostra più dei sui 45 (circa) anni ma certamente non debole. Questa attrazione si trova a metà di un percorso espositivo che riserva molto altro: anche perché la mostra occupa tutti i 4 piani del museo, per un totale di 1200 metri quadri. Il piano terra offre la ricostruzione della storia del ritrovamento, le prime ipotesi, le reazioni dei media, l'invenzione del nome (lo si deve al giornalista austriaco Karl Wendl, che pensando alla mummia come progenitore dei tirolesi ha contratto in un solo nome le parole «Ötztal» e «yeti»).  Al primo piano si entra nel cuore della mostra. Ötzi è rimasto al suo posto (ma nei pressi è stata creata una finestrella dove si può inserire una mano per sentire la temperatura) ma i reperti hanno una nuova disposizione e nuove tabelle, tutte aggiornate allo stato dell'arte della ricerca. Il secondo piano, dedicato alla scienza, ospita appunto il modello tridimensionale ma anche l'habitat alpino dell'età del rame, microscopi per osservare frammenti ossei, un tavolo multimediale per eseguire ricerche virtuali, oltre a un'area dedicata al giallo della morte e agli sviluppi delle indagini (in corso) sul Dna. La ricostruzione tridimensionale dei Kennis - che loro stessi dicono essere frutto anche di un'interpretazione artistica - è affiancata dalle gigantografie delle diverse ricostruzioni presenti nei musei di tutto il mondo, che mostrano quante immagini di Ötzi si siano sovrapposte nell'immaginario collettivo in 20 anni. È un'introduzione all'ultimo piano, dove c'è una collezione vasta e a tratti spassosa di quello che il «mito di Ötzi» ha creato nel tempo: dal tatuaggio di Brad Pitt alle lettere dei mitomani («Ötzi era l'Ebreo errante») ai dischi di musica pop.  

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