Beffato dalla giustizia dopo 30 anni di battaglie 

La disavventura di un albergatore altoatesino accusato da un ex dipendente Ha speso 750 mila euro. La verità viene a galla in sede penale: senza risarcimento 


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Oltre trent’anni di battaglie legali in tutte le sedi possibili per poi non ottenere giustizia, o per lo meno trovarsi tra le mani dei pronunciamenti definitivi non coerenti tra loro. Uno in sede penale, l’altro in sede civile, del giudice del lavoro. E’ la disavventura che vede protagonista un noto imprenditore altoatesino, Antonio Triunfo, titolare da molti anni dell’albergo alla Torre di Merano. Era il 1985 quando un ex dipendente (Horst Trojer) gli fece causa. Affermò di essere stato assunto due anni prima e di aver lavorato in nero dal 1983 al 1985 sino al giorno della sua effettiva assunzione. La rivendicazione (che l’albergatore ha sempre contestato) diede il via ad una serie di contenziosi durati la bellezza di 33 anni senza che l’esito delle battaglie legali abbiano avuto un riscontro concreto nei fatti. Il riferimento è al risarcimento danni da sempre invocato dal ristoratore e mai arrivato. E questo nonostante nel 2013 in sede penale Antonio Triunfo fosse riuscito ad ottenere il riconoscimento delle falsità sostenute da chi - nel 1985 - lo aveva trascinato davanti al giudice civile.

La storia, durata come si diceva ben 33 anni (e non ancora terminata) avrebbe potuto in realtà concludersi in poche udienze. In realtà il contenzioso, dalla sede civile, si spostò in sede penale e i due imputati Horst Trojer (che sostenne di essere stato dipendente di Triunfo nel 1984 quando in realtà lavorava per un altro albergo di Scena) e la nipote Yasmin furono condannati rispettivamente e due anni e ad un anno e mezzo di reclusione. Il primo per aver ingannato il giudice del lavoro con dichiarazioni non veritiere, la seconda per aver fornito una falsa testimonianza in relazione all’attendibilità di altri tre testimoni risultati decisivi nel processo civile. Quella sentenza in sede penale fu confermata dalla Corte di Cassazione senza però che si arrivasse al risarcimento dei danni economici subiti dall’albergatore che sono enormi.

Antonio Triunfo, infatti, nei 33 anni di battaglia legale ha speso ben 750 mila euro tra parcelle di avvocati e pagamenti di statuizioni civili legate alla soccombenza davanti al giudice del lavoro.

La sentenza favorevole ottenuta in sede penale alimentò nuove speranze da parte dell’albergatore di ottenere giustizia. Ma non è stato così nonostante il giudice penale abbia riconosciuto che l’ex dipendente (cioè Horst Trojer) avesse sostenuto fatti non veri, cioè di aver iniziato a lavorare per l’albergo di Triunfo nel 1983 invece che nel 1985. L’albergatore perse la causa di lavoro subendo rilevanti danni economici (fu condannato a pagare all’ex dipendente 371 milioni di vecchie lire) ma nemmeno ora, che in sede penale la verità è venuta a galla, ha ottenuto un adeguato risarcimento. Sulla base della sentenza penale, infatti, l’albergatore ha promosso la riapertura della causa di lavoro che lo aveva visto soccombere ma il giudice non ha ritenuto di dover modificare il verdetto dell’epoca sottolineando che la condanna penale non riguardava nessuno dei testimoni della causa civile, dimenticando però che riguardava l’attore stesso della causa condannato penalmente per aver ingannato il giudice del lavoro ed il convenuto. Non dandosi per vinto Antonio Triunfo ha quindi citato in giudizio per danni la presidenza del Consiglio dei Ministri davanti al tribunale di Trieste lamentando l’errore palese compiuto dalla magistratura. Anche in questo caso, però, non ha ottenuto nulla. I giudici hanno infatti respinto il ricorso con una motivazione puramente formale, pur ammettendo tutti i motivi di lagnanza dell’albergatore il quale, però, ancora una volta è rimasto a mani vuote.

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