L'INTERVISTA

«Bisogna far esplodere il problema: tutti nelle scuole tedesche» 

L’ex sovrintendente Rauzi: «Ormai non è più rinviabile la creazione di un sistema scolastico bilingue»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Bisogna far esplodere il problema una volta per tutte: le famiglie italiane iscrivano in massa i figli nelle scuole di lingua tedesca. Ormai non ci sono alternative. Solo così la Svp si deciderà a fare l’unica cosa possibile: dare il via libera alla scuola bilingue». È l’appello-provocazione lanciato da Bruna Rauzi, a lungo sovrintendente scolastica, alle famiglie italiane che vivono il dilemma di dove iscrivere i figli: nella scuola italiana o in quella tedesca? Una scelta tutt’altro che facile, confermata dal fatto che pur essendo in aumento gli iscritti nelle scuole tedesche, difficilmente i genitori sono poi disposti a raccontare ad un giornale la loro esperienza.

A riaccendere un dibattito, che ritorna periodicamente, è stata questa volta l’indagine sull’apprendimento del tedesco effettuata su studenti della IV elementare e la II media delle scuole italiane, secondo cui aver frequentato le scuole materne tedesche comporta il 2,3% di risposte corrette in più alle elementari e 2,9% in più alle medie rispetto a chi ha frequentato la scuola materna in italiano.

Dottoressa Rauzi, questo risultato l’ha sorpresa?

«Mi sembra strumentale, visto che siamo nel periodo delle iscrizioni».

Tradotto significa che è “fatto” per cercare di far cambiare idea ai genitori che vorrebbero iscrivere i figli alle scuole materne tedesche?

«Non metto in dubbio la serietà di chi ha fatto la ricerca, ma bisognerebbe capire meglio cosa hanno verificato effettivamente: il lessico, la pronuncia, la capacità di comprensione? Certo è che difronte a questi risultati l’effetto è quello di indurre i genitori italiani a scegliere la scuola italiana».

La vostra è una famiglia italiana, sua figlia però, a suo tempo, l’ha iscritta nelle scuole tedesche: con quali risultati?

«Ottimi. Mia figlia ha fatto dalla scuola materna al liceo in tedesco e poi l’università in italiano, a Bologna».

Dallo studio emerge che la scuola materna da sola non basta, molto conta anche il contesto familiare e sociale.

«Nell’apprendimento della seconda lingua direi che la scuola pesa nella misura del 90%; l’attenzione dei genitori fa il resto. Stare tutto il giorno immersi in un contesto di lingua tedesca, aiuta innanzitutto il bambino ad assimilare la pronuncia e poi a crearsi le prime amicizie: tutto diventa normale senza bisogno di forzature da parte dei genitori».

Anche in contesti come quelli degli asili tedeschi di Bolzano, dove ci sono ormai più italiani e stranieri che tedeschi.

«Anche in questo contesto. E poi l’ho detto e lo ripeto, spero che tutti i genitori iscrivano i figli nelle scuole tedesche così finalmente si creeranno le scuole bilingui. Me lo auguro perché la situazione attuale è anche discriminante dal punto di vista sociale».

In che senso scusi?

«Nel senso che non dà la possibilità a tutti i cittadini diventare bilingui. Il risultato è che chi può, alla fine va all’esterno a imparare la lingua».

È stata per 16 anni, come sovrintendente, al vertice della scuola italiana, però neppure lei è riuscita a creare la scuola bilingue.

«Queste sono decisioni che spettano ovviamente alla politica. Alla fine degli anni Ottanta comunque, quando era difficile se non impossibile trovare insegnanti di madrelingua tedesca, abbiamo iniziato con l’immersione alle Archimede; poi abbiamo aumentato le ore di seconda lingua alle elementari e alle medie e siamo partiti con la sperimentazione nelle scuole materne. Ora bisogna fare il salto decisivo e offrire alle famiglie la possibilità di iscrivere i figli in una scuola bilingue».













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