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Bolzano: gli storici propongono di cambiare il nome a via Cadorna

In molte città italiane si sta cercando di cancellare dalle carte di identità il nome del sanguinario generale della prima guerra mondiale. Fu lui a far massacrare migliaia di soldati italiani. Di Michele e Obermair: forse sarebbe il caso di aprire un dibatttito pubblico. La strada potrebbe essere intitolata a Franca Turra, la partigiana Anita



BOLZANO. Cadorna come la Vittoria e il suo monumento: lasciare la vecchia via per (intitolarne) una nuova?
«Sarebbe un modo per affrontare il tanto non detto e non discusso sugli angoli bui della storia», dice Hannes Obermair. E, aggiunge il direttore dell'Archivio comunale, "vorrei che il nome nuovo per la via fosse di una donna e di una pacifista, giusto per andare all'opposto".

Lo storico Hannes Obermair


L'idea si attaglia a Franca Turra, bolzanina, nome di battaglia "Anita", staffetta partigiana. Che non ha mai sparato un colpo ma si dedicava ai prigionieri dei lager nazisti rischiando ogni giorno la sua vita per una lettera o un pacco di viveri da recapitare.

Franca Turra, la staffetta partigiana Anita


Poi arriva Andrea Di Michele, storico. Che, al pari di Obermair, fa parte della squadra che ha decostruito il monumento. «Bene, direi. Cadorna è indifendibile. Ma ho un unico dubbio...». Dica professore. «Dove ci si ferma? Nel senso: dopo aver tolto Cadorna perché faceva una guerra sanguinaria, che si fa con le altre vie a rischio nazionalistico? Via Amba Alagi, via Giuliani, il prete che andava all'assalto nel nome del duce in Africa, sparando e uccidendo... Attenzione, si inizia con Cadorna e poi bisogna cambiare i documenti a decine di strade».


Il dibattito no o sì? Meglio sì che no, visto che si parla comunque di storia, di storia reale o immaginata e di immaginario urbano e, dunque, collettivo.


A Udine hanno cambiato una piazza. Si chiamava Cadorna, da un po' si chiama Unità d'Italia. A Bolzano, vista la situazione, forse sarebbe meglio un'alternativa ma non c'è solo Udine.

Il generale Cadorna, detestato in guerra e in pace


A Gorizia, il teatro degli assalti per conquistare la città-simbolo dei primi anni di guerra, vorrebbero togliersi il generale dalle carte d'identità.


«È una questione d'onore», ha detto il presidente della Provincia.

A Milano, Sel ci sta provando con piazzale Cadorna. Che per i milanesi non ricorda tanto il generale ma una stazione della metro tra le più affollate. Vorrebbe un referendum, la sinistra. Ma pochi la ascoltano, questione d'abitudine.

A Cremona è stato proposto di ridedicare via Cadorna: invece che in onore del comandante, in ricordo di Erminio Favalli, mitico giocatore della Cremonese. È rimasta una proposta.

A Savona pure non lo vogliono. Ma il dibattito è stato stoppato perché in consiglio comunale altri si sono alzati e hanno detto: allora cancelliamo anche via Stalingrado.


A Bolzano l'ex sindaco Giovanni Salghetti Drioli è caduto sul referendum per piazza della Pace. Ma su via Cadorna la voglia di ragionarci continua ad andare e venire, scende e riaffiora come un fiume carsico e potrebbe essere il momento per capire a che punto siamo.

Giovanni Salghetti Drioli


«Perché Cadorna faceva sì una guerra da macellaio - aggiunge Di Michele - ma non vorrei che gli italiani di Bolzano dicessero: perché comunque, un generale italiano? Perché sempre noi un passo indietro? E non le vie con nomi in odore di nazismo».


Di Michele, fa l'avvocato del diavolo ma ha alcuni compagni di strada pienamente democratici.


Come gli storici Mauro Isnenghi e Giorgio Rochat che argomentano: «Gli assalti frontali erano un orrido tic di un comandante sanguinario o uno pessimo stile di combattimento comune alla vecchia scuola, ante mitragliatrici? Perché purtroppo in Europa, anche sulla Marna, i generali francesi, inglesi e tedeschi combattevano così, anzi peggio. E nell'altra guerra i generali di Stalin con contavano i loro morti ma il numero di pallottole rimaste».


Uomo del suo tempo, dunque, o nome di tempi da dimenticare?
«Penso che dopo il monumento, Bolzano sia matura per affrontare Cadorna per quello che è, senza retropensieri», dice ancora Obermair. Che conosce perfettamente i rischi di finire schiacciati tra il fronte dei revanscisti e quello degli iconoclasti.


Ma la domanda è: il teorizzatore degli attacchi frontali con sulla coscienza 11 (forse inutili) battaglie dell'Isonzo, terrore dei soldati in trincea, ispiratore di film come "Uomini contro" merita di essere ancora sui documenti?


A Trieste si sono posti la domanda e il sindaco ha risposto: finchè ci sono io Cadorna resta, chi può sostenere che le 11 battaglie non abbiano comunque fiaccato gli austriaci?


Ma, a Bolzano, forse il tema non è la tattica militare ma ragionare sul significato dei segni dei tempi.


«Credevamo che anche per il monumento "chi tocca muore", come per l'alto voltaggio - dicono i due storici bolzanini - e invece la città ha accettato di confrontarsi». Qui l'alternativa c'è: una donna, italiana e partigiana antinazista.


«Guardare in faccia la storia fa comunque sempre bene», hanno detto a Udine quando hanno iniziato a parlare di Cadorna.

Ma a Bolzano?
 













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