Bolzano resta il cuore di Iveco militare

Dopo la chiusura dello stabilimento di Ulm in Germania restano però i timori sindacali anche per via Volta


di Orfeo Donatini


BOLZANO. L’amministratore delegato del Gruppo Fiat Sergio Marchionne ha lasciato Bolzano ieri poco dopo le 18 con il suo jet personale dallo scalo di San Giacomo.

Dall’Iveco di via Volta tuttavia nessuna comunicazione sui lavori, nemmeno ufficiosa. Di certo c’è così solo una due giorni che Marchionne ha guidato facendo il punto sulle strategie del gruppo Iveco ricorrendo anche ad una ipertecnologica videoconferenza mondiale con tutti gli stabilimenti chiave nella produzione di veicoli pesanti sia per il mercato militare che per quello civile.

Ma quale sarà il destino dello stabilimento di Bolzano che attualmente assicura un posto di lavoro a circa 870 dipendenti fra dirigenti e maestranze? Nulla è trapelato se non la soddisfazione del supermanager per i numeri gestionali e produttivi di via Volta, realtà industriale che sembra destinata a restare il cuore dell’Iveco militare.

«Certo il quadro complessivo cui si sta assistendo in Europa - ha sottolineato il segretario della Fiom Cgil,Fabio Parrichini - non è dei più rassicuranti con l’annuncio della chiusura di ben cinque stabilimenti. Bolzano è sicuramente un centro di eccellenza, ma non possiamo non nutrire preoccupazioni per la sistematica assegnazione all’estero della produzione delle commesse più consistenti, dal Brasile agli Stati Uniti. Poi come Fiom anche a Bolzano un confronto particolarmente difficile con la direzione aziendale, costretta recentemente da una sentenza della magistratura a riconoscere il diritto dei lavoratori ad essere iscritti al nostro sindacato cui dover girare le relative quote. Ma ora avvieremo anche un nuovo capitolo per assicurare la nostra rappresentanza aziendale indipendentemente dalla firma del contratto».

«Bolzano ha potuto mostrare a Marchionne dei dati positivi - sottolinea per parte sua Claudio Voltolini della Fim Cisl - e pur se siamo in un panorama depresso credo che si possa nutrire un prudente ottimismo sulle prospettive dell’azienda a Bolzano. Il fatto stesso che l’ad del Gruppo Fiat sia venuto proprio qui per una delle sue megariunioni mondiali dell’Iveco non può che essere letto positivamente. Almeno ora non siamno più un semplice numero sulle carte, ma ha potuto rendersi conto di persona del lavoro che viene fatto e del peso che l’azienda ha nel tessuto produttivo e sociale altoatesino».

L’impressione tuttavia è che le speranze,le valutazioni e le preoccupazioni sindacali, soggetti che Marchionne er altro no ha voluto nemmeno incontrare, siano più dettate da elementi troppo localmente ristretti mentre nella sala riunioni di via Volta per due giorni si è parlato delle strategie globali nella produzione di mezzi pesanti militari e civili sul mercato mondiale. Certo Bolzano resta probabilmente ancora “il cuore d’eccellenza dell’Iveco militare”, con la consapevolezza tuttavia che le sue luci potrebbero essere spente dalla sera alla mattina se le esigenza del mercato o del ciclo produttivo dovessero presentare delle necessità diverse da quelle di oggi. Già adesso del resto le produzioni su larga scala dei mezzi militari ideati, progettati e testati a Bolzano avvengono nei paesi dei committenti, spesso a seguito di specifiche clausole contrattuali in tal senso. É già avvenuto per il Brasile, poi per la Russia e ora anche per gli anfibi destinati agli Stati Uniti. E quanto avviene per il settore auto, non solo per Fiat, costituisce un esempio illuminante delle dinamiche industriali del terzo millennio.

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