IL PERSONAGGIO

Cai Bolzano, in pensione la mitica Emma 

Dopo 44 anni di onorato servizio la storica segretaria della sezione lascia: «Grazie a tutti»


di Davide Pasquali


BOLZANO. Inutile dirla altrimenti, circostanziando meglio, perché in città tutti quanti l’han saputa così: la Emma è andata in pensione. Il cognome non occorre mica, perché tutti hanno capito subito.

Dopo 44 anni suonati dietro al bancone di piazza Erbe 46, Emma Mattivi, ossia la colonna portante della segreteria della sezione bolzanina del Club Alpino Italiano, ha terminato il suo onorato servizio. In pensione, con la gioia di essere di recente diventata nonna.

Ne avrebbe da raccontare, un’infinità, belle e anche meno belle, ma si rivela una signora e preferisce far dell’altro: si limita a ringraziare tutti quanti in questi anni le hanno dato una mano a gestire un’associazione attivissima, con una media di duemila iscritti, e un milione di cose da organizzare e amministrare.

«Ho iniziato il 2 maggio del 1973», racconta piuttosto commossa. «Ero stata assunta in seguito ad un colloquio cui avevano partecipato una decina di candidate. Non mi ricordo cosa mi chiesero esattamente, mi viene in mente solo che parlammo della val di Non, da dove sono originaria».

Conosceva il Cai, perché da sempre andava in montagna, le piaceva, si rimboccò le maniche. «Fatto sta che cominciai a lavorare in piazza Erbe. Non avrei mai immaginato che sarei rimasta tanto a lungo». Quarantaquattro anni, mica bruscolini.

Ai tempi, nei primi anni Settanta, «tutto era carta, macchina da scrivere e schede da compilare a mano - un abisso rispetto al lavoro di oggi che, grazie al computer, si è ridotto forse a un 20% rispetto a quello di un tempo».

Il presidente della sezione bolzanina del Cai, la più antica e longeva associazione di lingua italiana della nostra città, allora era l’ingegner Franceschi, «un signore». Di quegli anni la Emma ricorda con gioia anche il ragionier Alberico De Polo, «una grande persona, come tutta la sua famiglia. Persone corrette». E dici poco... La Emma, in città, la conoscono in migliaia. Testa china su qualche scartoffia, spesso non capivi se ti aveva visto o meno, poi bofonchiava quel «sììì...» un poco burbero rivolto a chi si presentava allo sportello mentre lei aveva da fare.

La Emma era fatta così. Un caratterino, raccontano i vecchi del Cai. Ma quando usciva per andare in posta in piazza Domenicani o in banca in piazza Walther capace che incontrasse venti persone. Li martellava tutti, dal primo all’ultimo: «Hai pagato la quota? Ti sei iscritto alla gita di domenica? Vai a presciistica che ci sono ancora dei posti liberi?»

Ci teneva, insomma. E tanto anche. Non rare le occasioni in cui di tasca propria anticipava la quota annuale di qualche tiratardi e poi si recava di persona a casa sua per incassare. Diceva quel che pensava, quasi sempre.

Pochi lo sanno, ma proprio per questo fu anche merito suo se il rifugio Bolzano al monte Pez è rimasto al Cai Bolzano e non è passato alla Provincia. La volevamo intervistare. Impossibile. Voleva soltanto ringraziare e ricordare chi le stava a cuore, e così giù un elenco di cognomi: Zadra, De Ferrari, Nardin, Costiera, Delponte, Brigadoi, Lisciotto, Filippi. Poi la Emma si ferma e dice: «Dài, forse è meglio non scriverli, ché magari me ne sono dimenticato qualcuno...».













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