Caso Schwazer, il complotto svelato 

I sospetti aumentano. Prende consistenza la tesi della trappola ordita ai danni dell’ex atleta, Ne fa menzione anche una email della Iaaf sulla quale l’avvocato Gerhard Brandstätter ha già presentato un esposto alcuni mesi fa. E ora ha chiesto che si proceda per rogatoria


Mario Bertoldi


Bolzano. Agli atti del processo per il caso Schwazer c’è un documento che sta diventando sempre più una clamorosa confessione di chi avrebbe architettato un vero e proprio complotto ai danni dell’ex marciatore altoatesino accusato di doping. Si tratta di una email venuta alla luce grazie ad alcuni hacker russi che l’avvocato Gerhard Brandstätter ha consegnato ufficialmente al giudice Walter Pelino. Nella comunicazione, un avvocato della Iaaf ( l'associazione internazionale delle Federazioni di atletica leggera che si occupa di questo sport a livello mondiale), fa presente ad un altro legale (rappresentante del laboratorio di Colonia di cui si serve la Wada per i controlli antidoping) che è necessario agire in una certa direzione facendo esplicito riferimento al «complotto ai danni di A.S.». Si tratta di un documento che sembra dimostrare, tra il resto, una sensazione di impunità maturata da questi organismi mondiali (in questo caso con sede a Montecarlo) che governano il mondo dello sport ed i relativi controlli antidoping. Sulla base di quanto sta emergendo sul fronte delle verifiche scientifiche dei Ris di Parma, si tratta di un «documento-bomba» su cui starebbe già lavorando anche la Procura della Repubblica di Bolzano. In effetti alcuni mesi fa l’avvocato Brandstätter, dopo il deposito ufficiale del documento in udienza, presentò un esposto penale che ovviamente non potrà restare lettera morta. In altre parole la situazione si sta notevolmente ingarbugliando, tanto che la stessa Iaaf (che nel processo in corso è parte civile) ha deciso improvvisamente di cambiare avvocato mettendo in pista uno dei migliori penalisti di Milano (Guido Carlo Alleva), evidentemente preoccupata dei clamorosi risvolti che potrebbero via via emergere. In effetti tutti hanno capito (nonostante il giudice Walter Pelino sia tutt’ora in riserva) che con ogni probabilità la magistratura tenterà di andare sino in fondo. La vicenda che ha stroncato la reputazione sportiva e la relativa carriera di Alex Schwazer si sta rivelando sempre più torbida, ad iniziare dalle false dichiarazioni dei responsabili del laboratorio di Colonia alle autorità giudiziarie tedesche sulla quantità di urina disponibile del flacone B dell’ex marciatore azzurro, al momento della consegna dei campioni al colonnello Lago dei Ris di Parma. Una situazione paradossale che ha lasciato trapelare il tentativo di ostacolare le analisi di laboratorio disposte dal giudice Pelino, consegnando ai periti italiani un campione esiguo. Con la conseguenza che se la magistratura di Bolzano dovesse ora ordinare nuovi approfondimenti scientifici non sarebbe più possibile lavorare sul campione B in quanto non più disponibile perchè esaurito. Anche le modalità di consegna ai Ris dei campioni di urina risultarono clamorosamente difformi da quello che l’autorità giudiziaria tedesca (cioè la Corte d’appello di Colonia) aveva disposto, richiamandosi al rispetto della cosiddetta “catena di custodia”. In realtà al colonnello Lago il laboratorio di Colonia cercò di consegnare una provetta di urine (6 millilitri) senza alcuna garanzia sulla corretta provenienza. In questa situazione la Wada (l’agenzia mondiale antidoping) si sta muovendo a livello processuale in maniera abbastanza confusa. Al punto che l’altra sera davanti al giudice Pelino l’avvocato dell’agenzia ha depositato agli atti una dichiarazione proveniente dal laboratorio di riferimento di Losanna dal quale risulterebbe che dalle analisi delle urine di Alex Schwazer, svolte nel 2017, risultò una concentrazione di Dna pari a 14 mila picogrammi. Dato che la perizia del Ris ha rilevato dati anomali proprio sulla concentrazione di Dna, il legale della Wada ha voluto inserire nel processo un nuovo documento per tentare di dimostrare che l’ex marciatore avrebbe sempre evidenziato elevati coefficienti di concentrazione di Dna. Una mossa, però, che potrebbe tramutarsi in un clamoroso autogol. Il colonnello Lago ha infatti evidenziato come la concentrazione di Dna in un campione di urina congelata si degradi sino all’80 per cento dopo 6 mesi e oltre il 90 per cento dopo un anno. Nel caso delle presunte analisi di Losanna l’urina di Schwazer venne prelevata il 27 giugno 2016 e analizzata circa un anno dopo quando sarebbero stati rilevati 14 mila picogrammi. Considerando gli indici di degrado si dovrebbe credere che al momento del prelievo i picogrammi di Dna nelle urine di Schwazer fossero oltre 100 mila. Un dato scientificamente assurdo.















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