Ebner ritorna ad Egna, una vita per la convivenza

L’ex vicesindaco spiega in un libro cosa è cambiato in Bassa dagli anni ’70-80’ Tra i suoi cavalli di battaglia la pacificazione in una terra segnata dalle divisioni


di Massimiliano Galli


EGNA. Grande successo in termini di partecipazione alla sala dell’Udae di Egna per la presentazione del libro di Vittorio Ebner, “Il Riscatto”. Il sottotitolo del libro, “1933 – 2013 - una vita difficile fra due grandi crisi economiche e i guasti del nazi-fascismo in provincia di Bolzano”, racconta già un po’ della lunga vita del suo autore.

Vittorio Ebner è stato un influente personalità nella vita culturale e politica della Bassa Atesina negli anni ’70 e ’80 , ricoprendo diversi incarichi nel consiglio comunale di Egna, dove è stato diverse volte assessore e vice – sindaco.

Esponente provinciale di spicco del Psi è stato poi il fondatore della Lista civica Unione per Egna. La sua attività politica è sempre stata volta alle tematiche della convivenza e dell’integrazione. La sua volontà di unire lo porta a radunare tra loro tutte le associazioni italiane di Egna e a creare, nel 1976, l’Udae, l’Unione delle associazioni di Egna. Oggi Vittorio Ebner è un brillante ottantenne, ancora in grado, dalla sua attuale nuova “patria” sul Garda, di guardare con competenza alle vicende del suo amato Alto Adige.

Il suo ritorno a Egna è stato l’occasione per una lunga e interessante chiacchierata che è partita dal suo libro e presto ha spaziato su molti altri argomenti di attualità. Giovani e crisi compresi.

Cominciamo dal titolo del libro: perché “Il Riscatto”?

«Il libro vuole essere l’espressione del mio libero pensiero, non condizionato da sponsor pubblici o privati, da partiti  e da dottrine religiose. Riscatto significa liberazione, intesa come libertà da tutti i vincoli di ordine economico-sociale che, secondo l'articolo 3 della Costituzione, la Repubblica  dovrebbe garantire a tutti.  E la vera libertà viene, secondo me, dalla cultura della conoscenza».

Cosa porta un ottantenne serenamente accasato sul lago di Garda ad affrontare una fatica come un libro sulla sua terra di origine?

«Avevo da tempo rimosso, nel rilassante clima del lago, i ricordi di un difficile passato. Ma la crisi economica e le menzogne diffuse ad arte per nascondere la verità hanno risvegliato in me la memoria  di un periodo analogo vissuto e la necessità di raccontarlo».

Con la crisi rialzano la testa in tutta Europa i movimenti separatisti. Convivenza è ancora una parola spendibile?

 «Buona parte del  libro è dedicata ai separatismi che  fanno tremare la difficile unione europea. Questa sembra ostacolata da  una mano invisibile, che è poi quella che manovra anche la crisi economica. Invito a leggere, a riguardo, anche il libro della coraggiosa giornalista e scrittrice spagnola, Cristina Martin Jmenez, "I piani segreti del club Bilderberg"».

 Gli anziani sono anche i principali custodi della memoria storica. Per lei la memoria è decisamente importante, tanto che le dedica un capitolo. Ci spiega perché?

«Le testimonianze  dirette per motivi anagrafici stanno rapidamente scomparendo, ed ecco l'importanza della memoria storica: impedire il risorgere del disegno nascosto di populismo e neofascismo».

Un’altra colonna portante del libro è il coraggio civile. Perché è tanto pericoloso non coltivarlo?

«In una società fortemente  arretrata come la nostra, il coraggio civile è essenziale. Vincere le paure contro il pensiero comune, dettato dal potere fine a sé stesso o dai dogmi religiosi, non è facile. Ma è questo che distingue il cittadino dal suddito. Ecco il necessario “Riscatto”».

Come si guardano le vicende dell’Alto Adige da fuori?

«Lo scrivo nel libro: sotto la chiusa di Salorno, della  provincia autonoma di Bolzano interessa solo l'aspetto turistico. E questo avviene sopratutto per ignoranza  storica. A me  interessa osservare una convivenza incompiuta, un bilinguismo insufficiente e un separatismo risorgente. Assistere alle passerelle dei vari ministri ed ex ministri a parlare di toponomastica, di scuola e di convivenza, induce più all'ilarità che allo sconforto».

Ormai disoccupazione, crisi economica, corruzione della classe politica, spreco di soldi pubblici sono entrate di prepotenza anche nella nostra provincia. È davvero la fine dell'isola felice"?

«Le isole felici non esistono più. La corruzione, che durante il periodo delle vacche grasse rimane sottotraccia, in periodo di crisi  affiora ovunque, grazie a denuncie incrociate e alla diffusione delle proteste sulla rete. Nessuno si salva da solo e solo una grande coscienza morale popolare, non populista, ci può dare speranza. E questa presa di coscienza spetta in particolar modo ai giovani, spesso ingannati dal consumismo e dalla musica assordante».

Lei come vede le nuove generazioni?

«Quello che preoccupa prima di tutto è il giovanilismo non accompagnato dalla cultura della conoscenza. Questo non è certo una svolta per un futuro migliore. Il  paragone con i miei tempi  dell'adolescenza e dello studio, sono  quasi impossibili».

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