Fine vita, no all’accanimento terapeutico 

Gli esperti alla Kolping: «Dobbiamo imparare ad avere il senso del limite». Stocker e Heidegger: «Legge in forte ritardo»


di Valeria Frangipane


BOLZANO. La cosa più difficile? Avere il senso del limite ed accettare che la vita possa finire. Perchè non tutto ciò che è possibile fare ha senso venga fatto. Perchè non esiste, sempre e comunque, una risposta ad ogni domanda e perchè esiste un limite all’efficacia clinica visto che - ci piaccio o no - non si può abolire la morte.

Bioetica e fine vita, se ne è parlato ieri alla Kolping al convegno annuale del Comitato etico provinciale. Se ne è parlato a pochi giorni dal messaggio di papa Bergoglio alla pontificia accademia della vita: «Oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo - ha detto il pontefice ma talora non giovano al bene integrale della persona». E ieri l’assessore alla sanità Martha Stocker ed il presidente del Comitato etico provinciale e primario di ginecologia a Merano - Herbert Heidegger - hanno ricordato una volta di più come da troppo tempo manchi una legge. E il Paese, questa legge la aspetta, perchè la deve ai suoi malati. Ma purtroppo l'esame del disegno sul testamento biologico è ancora fermo al Senato. E sottoscrivere un testamento di questo tipo significa decidere, in un momento in cui si è ancora capaci di intendere e volere, quali trattamenti sanitari si intenderanno accettare o rifiutare nel momento in cui subentrerà l'incapacità di farlo. E parliamo soprattutto di esprimere il proprio consenso o il dissenso alla nutrizione ed all'idratazione artificiale.

Così Stocker: «Un tema che tocca tutti, mi meraviglio che la legge sia bloccata da mesi».

Heidegger ha ricordato poi che - pur mancando una legge - esiste comunque la possibilità di compilare la “Dichiarazione anticipata di trattamento” «trovate la brochure anche nel sito del comitato etico». E sempre ieri è stata presentata la nuova edizione dell’opuscolo "Pianificazione preventiva dei trattamenti sanitari e Direttive anticipate di trattamento".

«Le direttive (dette anche testamento biologico) sono il documento che raccoglie le disposizioni di una persona sulla sua volontà di sottoporsi o non sottoporsi a determinati trattamenti sanitari in caso di malattia grave o terminale. Problemi di bioetica che vanno affrontati poi sulla base di 4 principi morali - ha continuato Heidegger - autonomia (il paziente ha diritto partecipare al processo decisionale e di rifiutare il trattamento), beneficenza (il personale sanitario deve agire tutelando l'interesse del paziente), non maleficenza (il personale sanitario non deve causare danno al paziente) e giustizia (in caso di risorse limitate, i trattamenti devono essere distribuiti tra i pazienti in modo equo)». Incisiva, tra le altre, la relazione di Stefania Dente - medico di terapia intensiva all’ospedale di Bolzano e membro del gruppo di consulenza etica - su “Il mito del fare tutto il possibile. Perchè è così difficile arrendersi”. «I progressi della medicina - ha detto il medico - spesso non fanno accettare l’incurabilità delle malattie e alimentano la richiesta di provare tutti i rimedi disponibili e possibili perchè non accettiamo di arrenderci ed abbandoniamo l’idea che dobbiamo morire. C’è un momento però in cui è opportuno fermarsi e rimodulare il percorso di cura, che va individuato in modo condiviso tra sanitari, paziente e familiari».

Il medico ha detto poi che i malati sostanzialmente si dividono su due fronti. «Pazienti che hanno paura di essere lasciati morire, abbandonati, che hanno attacchi d’ansia e vanno rassicurati e pazienti che temono - al contrario - l’accanimento delle terapie». Ed i familiari si dividono a loro volta tra coloro che chiedono di prolungare la vita del loro caro il più possibile, con ogni mezzo, anche di una sola ora. O chiedono di “non farlo soffrire”. «Il progresso medico e tecnologico - conclude Heidegger - apre nuove possibilità anche per il fine vita, e quindi il personale sanitario si trova davanti a sfide etiche crescenti. Inoltre la società oggi ha un pluralismo tale di valori da rendere difficile trovare un consenso su una decisione medica. Per questo le questioni etiche sono più complesse e richiedono una discussione sempre più ampia».













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