Fra realtà e leggenda riscoperte quattro eroine del Tirolo di Hofer


Andrea Di Michele


L'anno hoferiano è ormai passato e dei fatti del 1809 ci resta la figura di Andreas Hofer e dei sui uomini impegnati nella difesa del territorio e delle tradizioni. Immagini di uomini, dunque, i protagonisti della sollevazione armata. E le donne? Quale fu il ruolo delle donne in quegli avvenimenti e, più in generale, cosa sappiamo di loro e della loro vita intorno al 1800?  A cercare una risposta a queste domande è l'ultimo volume della collana di pubblicazioni dell'Archivio provinciale, presentato ieri presso il Palazzo Mercantile e curato da Siglinde Clementi, dal titolo "Zwischen Teilnahme und Ausgrenzung. Tirol um 1800. Vier Frauenbiographien".  Come ci dice il titolo, è "tra partecipazione ed emarginazione" che troviamo gli estremi della presenza femminile non solo nella sollevazione tirolese, ma anche in generale nella società tirolese del primo Ottocento. Il libro affronta la questione attraverso la biografia di quattro donne che occupano un posto importante nella memoria regionale: Katharina Lanz, Giuseppina Negrelli, Therese von Sternbach e Anna von Menz. Ricostruire le loro storie, da una parte significa comprendere il concreto ruolo svolto da quattro donne in carne ed ossa in un periodo storico caratterizzato da profondi cambiamenti. Dall'altra significa inoltrarsi nella lunga vicenda rappresentata dalla costruzione del loro mito.  Molto di ciò che conosciamo delle loro vite, infatti, ci è restituito da un'immagine costruita, "inventata" della loro biografia, opera di chi ha consapevolmente utilizzato le loro figure per farne delle eroine a scopo pedagogico, ma anche opera di loro stesse, della loro narrazione autobiografica.  Il lavoro di mitizzazione e "costruzione" dell'eroina appare al meglio attraverso la figura di Katharina Lanz, la giovane serva che, armata di forcone, nel 1797 avrebbe combattuto contro i francesi a Spinga.  Le dispute sull'identità della protagonista durarono a lungo e fu quasi un secolo dopo, nel 1870, che a quella ragazza fu dato un nome. A partire da quella data iniziò la costruzione di un mito, disegnato intorno ai caratteri di una devotissima, giovane vergine. Purezza e devozione religiosa rendevano accettabile per il Tirolo di fine Ottocento la figura di una donna guerriera, che addirittura finì per divenire il simbolo iconografico del Tirolo, religioso ma anche patriottico.  Diverso il destino di Giuseppina Negrelli, che, nonostante avesse combattuto travestita da uomo al comando di un battaglione di Schützen nel Primiero del 1809, non riuscì mai ad assurgere ad eroina. Per il Tirolo nazionalista dei primi del Novecento non poteva essere un'italiana la figura giusta da celebrare; per la cultura trentina di stampo irredentistico, i concittadini che avevano partecipato alle lotte antinapoleoniche a sostegno degli Asburgo suscitavano imbarazzo e nessun interesse storiografico. Solo oggi gli Schützen trentini riscoprono la sua figura: se dietro il silenzio di ieri vi era l'imbarazzo davanti a una donna dalla nazionalità "sbagliata", dietro il parlarne di oggi vi è un uso strumentale volto a ricostruire l'identità tirolese dei trentini.  Se Katharina Lanz e Giuseppina Negrelli ci spiegano come dall'esterno si costruisce un mito, la storia della baronessa Therese von Sternbach ci illustra come la stessa protagonista possa contribuire a trasformare la propria vita in leggenda.  L'immagine che ci è rimasta della baronessa è quella di una donna che montava a cavallo, fumava la pipa e portava la pistola, una commerciante d'armi attiva durante la sollevazione del 1809, arrestata perché ritenuta una sobillatrice. Molto di tutto questo origina dalle fonti iconografiche che la ritraggono, consistenti in quadri e disegni da lei stessa commissionati.  Su di un altro piano ci porta la vicenda di Anna von Menz, la "sposa francese", così chiamata per via del suo progettato matrimonio con un barone francese impedito dalla sua famiglia. Dietro questa storia del primo Ottocento si intravedono da una parte i tradizionali schemi matrimoniali legati a considerazioni di carattere dinastico e patrimoniale, dall'altra l'affiorare di un modello nuovo, in cui iniziano ad avere un peso i desideri e i sentimenti. Il lungo e complesso passaggio dal matrimonio combinato per interesse a quello fondato sull'amore consentì alle donne di guadagnare nuovi spazi di libertà.  Realtà e finzione, storia e leggenda: è soprattutto intorno a questi temi che il libro ci invita a riflettere, invitandoci a tenere sempre desto il nostro spirito critico, specie di fronte alla mitizzazione di personaggi del passato ma anche del presente.  

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