Frutta e verdura, Oberrauch in società con i profughi

Il patron della Salewa mette a disposizione i terreni in Zona I migranti coltiveranno e diventeranno micro imprenditori


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Mister Salewa si è stancato. «Bene, adesso mi muovo io». Lui, l'alpinista che si è fatto businessman, il «re del pile che odia il cartellino», come hanno scritto gli inviati di mezzo mondo saliti qui per capire le ragioni di un fenomeno imprenditoriale, non si è mai trovato a proprio agio in un mondo in cui la mano destra non sa quello che fa la sinistra, dove chi vorrebbe aiutare non può e chi invece può, perché ha i soldi, dice di non potere. Heiner Oberrauch ha così deciso di fare questo: costruirà gli «orti Salewa». A gennaio. Oltre mezzo ettaro di terreno (suo), dove farà produrre frutta e verdura ai migranti. E , visto che nel ramo ci capisce qualcosa, li farà diventare anche imprenditori di se stessi. I loro prodotti saranno trasportati, venduti e anche, tra un po’, pubblicizzati. Li chiamerà, poi qualcuno abituato a farlo insegnerà loro il mestiere dell'ortolano, e poi anche del produttore-distributore. Non è una storia di Natale. E' una storia vera. Mai raccontata da un uomo di poche parole come Heiner Oberrauch. Che nasce nel segreto di una mente che non sta mai ferma. E che ha trovato nel volontariato e nella difesa del «bene comune» un'altra ragione di vita. Così, dopo aver contribuito a mettere il piedi la squadra di volontari che si impegnerà nel restauro della chiesa di San Giovanni a Bolzano, a stretto giro si è messo in contatto con le strutture dell'assistenza di base, come «Akrat» e «Donne Nissà», per filtrare l'«assunzione» degli immigrati da destinare all'orto Salewa. Che sorgerà a ridosso dell'azienda, nel quadrante di via Einstein, a Bolzano sud. Senza disturbare le istituzioni. Né chiedere contributi. Terra sua, idea sua.

Perché?

«Il lavoro muove tutto».

E perché i migranti?

«Il più grande problema che la nostra società dovrà affrontare nei prossimi anni sarà l'emigrazione. E non la si potrà affrontare decentemente senza un programma di integrazione. Ma non ci sarà mai integrazione senza lavoro. Ecco perché».

Come le è venuto in mente tutto questo?

«Non sopporto la visione di tutte queste persone senza un'occupazione. Non sanno come passare la giornata. Girano di qua e di là. E tanta gente pensa di risolvere il problema solo con l'assistenza. No, ci vuole di più. Devono sentirsi utili».

Occuparli nella produzione di frutta e verdura è molto ecologico, molto Salewa...

«Serviva un lavoro che potessero fare subito. Senza periodi di istruzione troppo lunghi e impegnativi. Ho pensato prima ai boschi...»

Del tipo?

«Un lavoro nel legno. Ci ho provato ma...»

Ma?

«Troppa burocrazia. Permessi, terreni».

Così ha pensato ai suoi di terreni?

«Certo. Sono lì. Così almeno servono a qualcosa. Saranno messi a regime con frutta e verdura. In breve tempo si potranno raccogliere i prodotti».

Quanti immigrati pensa ci potranno lavorare?

«All'inizio immagino una ventina».

Ha chiesto aiuto?

«Sono in contatto con Akrat».

Che in dialetto sudtirolese vuol dire: proprio questo, proprio adesso...

«Appunto, e che hanno una bella esperienza nei lavori di riciclo di mobili e di tessuti. E poi Donne Nissà, che offrono aiuto e solidarietà alle donne straniere. Abbiamo messo in piedi un programma».

Coltivata la frutta e la verdura che succede?

«Sarà venduta. Questo deve essere un lavoro vero, mica assistenza. Ci saranno rapporti con le cooperative ortofrutticole della zona. Già adesso alcune giardinerie hanno messo a disposizione gli attrezzi per gestire gli orti. Poi si tratterà di trasportare i prodotti».

Chi li consumerà?

«Chi vuole. Per iniziare potrebbero essere immessi nelle nostre mense. Poi anche offerti e distribuiti nei centri dei volontari che assistono gli altri immigrati e i profughi che continuano ad arrivare. Poi c'è anche il mercato».

Intende il libero mercato?

«No, proprio il mercato. Quello di Piazza Erbe».

Con un banchetto?

«Magari sì. O almeno con un corner, un punto vendita. Ho già programmato di andare in municipio per capire quanti permessi servono, le licenze, gli spazi, i rapporti con le altre bancarelle».

L'addestramento?

«Già all'opera chi dovrà insegnare loro tutti i segreti della coltivazione».

Che prodotti saranno?

«Rigorosamente bio».

C'era da aspettarselo da mister Salewa....

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