Ghiacciai altoatesini, un anno disastroso 

Temperature più alte di 1,5° rispetto alla media e precipitazioni troppo scarse. Le foto del Servizio Glaciologico del Cai


di Davide Pasquali


BOLZANO. «I ghiacciai altoatesini? Sono in una situazione disastrosa». Lo dicono senza tanti giri di parole il responsabile scientifico del servizio glaciologico del Cai, Franco Secchieri, e il coordinatore operativo, Pietro Bruschi.

Serie storiche. Sono i dati meteoclimatici storici, forniti dall’ufficio idrografico della Provincia di Bolzano, a testimoniare come l’estate appena trascorsa sia stata la più calda degli ultimi 150 anni e probabilmente anche una di quelle maggiormente siccitose, con ripercussioni soprattutto sulle fasce più elevate delle nostre montagne.

Un mix letale. L’insieme di temperature superiori alla norma e l’assenza di precipitazioni (ovviamente nevose) «ha determinato delle condizioni veramente disastrose per i ghiacciai dell’Alto Adige, così come per tutti quelli dell’Arco alpino». Le masse gelate si sono ulteriormente ridotte, continuando in quella evoluzione negativa la cui fase acuta è iniziata dopo la prima metà degli anni Ottanta del secolo scorso.

I rilievi sul campo. La prova tangibile di questa triste realtà è testimoniata dai rilievi compiuti dal Servizio Glaciologico del Cai, «sia quelli a terra, direttamente alle fronti glaciali, che quelli aerei con l’esecuzione di foto aereo-prospettiche e di prossimità». Queste ultime sono servite per supportare efficacemente le osservazioni terrestri, oltre che per fornire un’immagine complessiva dell’intero fenomeno su scala regionale, dato che i sorvoli aerei hanno riguardato praticamente tutti i ghiacciai e glacionevati locali, compresi quelli dell’area dolomitica.

SGAA. Gli operatori del Servizio Glaciologico del Cai Alto Adige hanno visitato complessivamente 42 ghiacciai, fra i più grandi e significativi dell’intera provincia, raggiungendone le rispettive fronti per effettuare le misure di variazione e descrivere lo stato degli apparati al momento del sopralluogo.

Riserve idriche. Una volta elaborati e valutati i dati, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, «si è potuto constatare una realtà ben poco confortante per la sopravvivenza delle masse gelate, dato che tutte hanno evidenziato un consistente ritiro delle fronti e una significativa riduzione di spessore». Si tenga presente, spiegano gli esperti, «che la preoccupazione per una situazione di questo genere deriva dal fatto che i ghiacciai non sono solo elementi fondamentali del paesaggio alpino di alta quota, ma costituiscono anche una riserva d’acqua che si accumula in forma solida nella stagione invernale per poi venire rilasciata durante l’estate a causa dell’ablazione».

Fisiologia e patologia. Un ghiacciaio si forma, permane e si sviluppa quando la quantità di neve caduta, che poi si trasforma prima in nevato e poi in ghiaccio, è pari o superiore alla massa che viene persa d’estate per fusione. «Appare evidente come, al contrario, quando la massa gelata persa è superiore a quella accumulatasi, il ghiacciaio presenta un bilancio negativo fra entrate e uscite e, di conseguenza, si consuma e finisce, prima o poi, per ridursi e scomparire».

Global warming. Tutto ciò «come ulteriore prova a supporto del cambiamento climatico in atto, a causa del quale la criosfera, cioè l’insieme di tutti i ghiacci della Terra, sta subendo una sostanziale modifica».

Ghiacci nuovi e vecchi. Per avere una idea di quello che è successo nel corso di questa annata, che per i ghiacciai normalmente comincia in ottobre e termina nel settembre dell’anno successivo, «basti pensare che non solo la neve invernale si è sciolta quasi del tutto ma, a causa della mancanza di copertura protettiva che la stessa procura per parti elevate del bacino collettore, anche il nevato e il ghiaccio di annate precedenti è andato perso. In questo modo sono state intaccate le riserve di acqua per i bacini, a cominciare da quello dell’Adige, accentuando ancora di più il trend negativo degli ultimi anni».

Permafrost. La straordinaria ondata termica estiva non ha risparmiato nemmeno il permafrost, cioè le masse di ghiaccio sepolto, in genere sotto il materiale morenico, come si è potuto constatare dal notevole ruscellamento proveniente dai cosiddetti rock glacier.

Paesaggio addio. Certamente l’aspetto che maggiormente colpisce il comune osservatore rimane comunque la modifica del paesaggio glaciale (ovviamente estivo) «che appare quanto mai impressionante, specialmente dal confronto fotografico dello stato attuale con quello degli anni passati».

Letargo. Ora il manto nevoso sceso sui ghiacciai, ancora non proprio abbondante, li ha mandati in letargo, con la speranza che al risveglio possano trovare condizioni meno critiche di quelle cui purtroppo ci si è abituati. Anche perché di questo passo le immagini raccolte dal SGAA potrebbero diventare a breve delle testimonianze preziose di un mondo scomparso.

Le persone. Gli operatori volontari del SGAA che hanno partecipato alla campagna glaciologica 2018 sono: Barison G., Benetton S., Bertinotti I., Bruschi P., Covi S., Greco G., Le Pera L., Mattiato M., Montesani G., Moreschi G., Rosa S., Rosan R., Sampieri R., Sartori G., Scaltriti A., Seppi R., Zambelli O.

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