Ghiacciai, «una situazione disastrosa» 

Colpa di una stagione invernale con una eccezionale scarsità di neve, seguita da una estate particolarmente arida e calda


di Davide Pasquali


BOLZANO. «Una situazione disastrosa, addirittura tragica»: questo il primo commento espresso dai responsabili del Servizio glaciologico del Cai Alto Adige - il generale Pietro Bruschi e il geologo Franco Secchieri - al termine della campagna di rilievi portati a termine dagli operatori, tutti volontari, sui trenta ghiacciai più importanti della provincia di Bolzano. Lo si legge sull’edizione online della rivista del Cai nazionale Lo Scarpone, a corredo di un lungo e circostanziato articolo pubblicato a prima firma di Secchieri, consulente tecnico per il ministero dell’Ambiente, nonché fondatore e responsabile scientifico del Servizio glaciologico del Cai Alto Adige.

«Del resto - scrivono i due esperti - non ci si poteva aspettare niente di diverso dopo un'annata (per i ghiacciai l’anno idrologico inizia col mese di ottobre e termina alla fine di settembre dell’anno successivo, ndr) caratterizzata da una stagione invernale con una eccezionale scarsità di neve, seguita da una estate particolarmente arida e calda».

Comunque, fortunatamente, con la prima neve discesa nel mese di ottobre (2017), i ghiacciai hanno cominciato il loro lungo sonno invernale, in attesa del sole della prossima primavera, quando il manto nevoso invernale ricomincerà a sciogliersi. «Un manto nevoso che si spera abbondante e in grado di recuperare, almeno in piccola parte, le pesanti perdite subite nel corso delle ultime due annate».

Gli anni dal 2015 al 2017, infatti, non hanno fatto altro che accentuare, in maniera sensibile, le conseguenze della tendenza generale del cambiamento climatico, nettamente sfavorevole al glacialismo. «Ci stiamo rendendo conto ogni giorno di più - scrivono Secchieri e Bruschi - di come sia in atto una sensibile modificazione del clima di cui il riscaldamento globale non è l’unico aspetto, perché ad esso si accompagnano delle sostanziali modifiche anche nei regimi termopluviometrici, e i ghiacciai sono le prime vittime».

Gli autori ricordano anche come siano stati proprio i ghiacciai dei formidabili testimoni ambientali delle ultime fasi delle dinamiche climatiche, a cominciare dagli anni ’60 del secolo scorso quando, dopo decenni di riduzione, ci fu una fase, relativamente breve, durante la quale si verificò una avanzata delle fronti delle maggiori lingue e una espansione generale delle masse gelate. L’apice di questa piccola glaciazione si raggiunse verso la metà degli anni ’80, dopo di che, in maniera alquanto veloce, le condizioni climatiche sono variate con caratteristiche assolutamente negative per i ghiacciai.

Ma quali sono i fattori che influiscono sulle avanzate o i ritiri dei ghiacciai? «La quantità di neve che cade e quella che se ne va per fusione alla fine dell’annata idrologica», spiegano i due esperti. È proprio questo uno degli aspetti che gli operatori del Servizio glaciologico altoatesino rilevano nel corso delle campagne estive, quando si valuta quanta della neve invernale è rimasta sui bacini, in modo da poter stilare una specie di bilancio di massa glaciale, osservando se la quantità di neve residua era poca e non sufficiente nemmeno a compensare le perdite di nevato e ghiaccio che si era sciolto per l’ablazione.

Purtroppo, proseguono, «per i ghiacciai dell’Alto Adige, come per tutti quelli alpini, anno dopo anno, la massa complessiva si è andata riducendo, con effetti vistosi soprattutto se riferiti alla riduzione delle lingue e al ritiro delle fronti».

Le ultime due annate, in particolare, «hanno di fatto determinato una ulteriore anomalia negativa per i bilanci glaciologici, perché non solo non è rimasta traccia di accumuli di neve invernale, ma il consumo della massa gelata è stata eccezionale, tanto che quasi ovunque si è consumato persino il nevato che era rimasto da precedenti annate, oltre alla grande massa di ghiaccio nelle parti più basse dei bacini».

Si badi bene che questa situazione non ha solo un risvolto sul paesaggio dell’alta montagna, si spiega oltre, «ma ha ripercussioni anche gravi per la carenza di acqua, per tutti gli usi, dalla produzione di energia idroelettrica, all’irrigazione in agricoltura e all’uso civile nelle case. Questo soprattutto per le aree delle fasce pedemontane e di pianura».

Tornando al Servizio Glaciologico del Cai Alto Adige, nel corso della campagna estiva del 2017 ha rilevato oltre trenta ghiacciai, tra i più rappresentativi del territorio altoatesino. Il risultato di queste osservazioni «ha fornito un quadro estremamente preciso delle conseguenze veramente disastrose causate da una stagione invernale assai scarsa di neve e di una successiva estate secca e con lunghi periodi con temperature elevate, ben sopra i consueti andamenti termici».

Naturalmente, concludono, «al momento è troppo presto per fare una previsione su come sarà il bilancio per l’annata 2017/18». La speranza, a fine campagna, era che la neve cadesse in maniera abbondante soprattutto in autunno, «anche perché è proprio questa la migliore, in quanto ha tutto il tempo per compattarsi e creare una maggiore resistenza alla penetrazione dell’onda termica estiva che porta allo scioglimento dei vari strati accumulatisi». In autunno, le nevicate sono state pochette anzichenò, ma le fioccate invernali di questo dicembre fanno almeno ben sperare.

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