Grandi catene: tutele per le commesse 

Dopo cinque anni di trattativa, firmato un protocollo contrattuale che introduce nuove regole. Soddisfatti i sindacati


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Dal vecchio mondo al nuovo. È dentro questa transizione che si vengono a trovare ora ottomila impiegati nella grande distribuzione. Tra Aspiag e Kiko, Max Mara e Metro, Zara, Stradivarius, Combipel e altri. Mondo con una bussola tutta sua. Luogo di grande energia creativa e commerciale ma anche di ombre, incertezze di scenari personali, tutele spesso decrescenti come a volte accade quando l'imprenditoria si mette in viaggio tra territori senza passato nel grande mare aperto dei centri commerciali. «Ma adesso abbiamo una rete, siamo dentro un sistema che ci consente di uscire dalla jungla» dicono i tre sindacati confederali ieri uniti nel presentare il nuovo contratto dei lavoratori del commercio ma che, fino a ieri, vivevano dentro un'anomalia evidente. Legati alla contrattazione con Federdistribuzione, il "corollario" dei grandi centri staccatosi da Confcommercio tre anni fa per poter gestire con maggiore dinamismo e libertà questo nuovo mondo.

NUOVE REGOLE. «Non ci sono più lavoratori di serie A e di serie B» sintetizza Antonella Costanzo della Cgil Filcams, dando il senso di questa intesa raggiunta. E Ulrike Egger di Cisl Fisascat pone l'accento sull'importanza di essere giunti finalmente a firmare un protocollo contrattuale dopo cinque anni di trattativa che mette ordine soprattutto negli ambiti applicativi. Recita infatti il contratto che l'accordo si applica alle imprese del “commercio moderno alimentare e no, catene di negozi, distribuzione organizzata e associata, franchising, ingrosso, cash ad carry e shopping online”. Che sviluppano la loro attività in tutti i centri commerciali ma pure in negozi “a libero servizio di ogni dimensione” tra ipermercati, negozi di vicinato, grandi magazzini, in tutte le categorie merceologiche. Ecco il perché della soddisfazione. C'è dentro tutto. Non esiste, almeno teoricamente, spazio residuale per agire nello specifico, per scovare ambiti applicativi fluidi e non controllabili. «C'è finalmente tutela a tutti i livelli, anche sanitaria, anche previdenziale» insiste Antonella Costanzo. E Ulrike Egger: «È stato posto un freno al dumping salariale e a tutte quelle formule di "contratti pirata" che aumentavano a dismisura i tavoli di discussione ampliando lo spazio fuori controllo».

I SINDACATI. C'è poi l'impegno a costituire tavoli paritetici di confronto ma a livello nazionale, perché un contratto nazionale come quello presentato ieri dai tre sindacati nel conventino di via Novacella Maria Heim, pone sulle migliaia di lavoratori della grande distribuzione ma anche sulla controparte, la calda coperta di un accordo erga omnes. Con dentro l'assistenza sanitaria integrativa, lo schema di composizione delle controversie, la previdenza complementare con i fondi per la formazione continua, classificazioni, mansioni, flessibilità degli orari e poi, non ultima, la tabella degli aumenti retributivi mensili, che vanno dai 41 euro per i quadri ai quasi 17 per il VII livello. E anche i nuovi minimi in vigore dal gennaio di quest'anno (da 2.697 per i quadri ai 1281 per il VII livello) ponendo la categoria in linea con i compensi dell'intero settore. Poi ci si dovrà confrontare con il quadro politico generale. A Roma con il disegno di legge che dimezza, in pratica, i festivi durante l'anno di apertura e qui in Alto Adige con le pressioni dell'Unione commercio che spinge verso un taglio ancora più in profondità sulle aperture domenicali.

LE DOMENICHE. «Certo, più aperture e più centri significa più occupazione ma starei attenta a immaginare che l'occupazione salga o scenda automaticamente rispetto al numero delle domeniche lavorative - dicono le due sindacaliste - perché spesso le imprese accorpano o diluiscono gli organici comunque».

In conclusione, uno dei risultati “portati a casa” con questo contratto è un freno alla frantumazione dei contratti collettivi e una generale tendenza, in questa cornice, a raggiungere accordi al ribasso giocando sulla precarietà e sul miraggio comunque di un lavoro. Dal 2019, ottomila persone andranno al lavoro un poco più tranquille.(p.ca)













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