Il farmacista Cimatti rivela gli affari in “nero” 

Il professionista bloccò una proposta per eludere il controllo della proprietà sulla fornitura di cosmetici per i trattamenti e le cure di bellezza  


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Dal processo per la presunta maxi truffa ai danni dell’impresario Pietro Tosolini nell’ambito della gestione del Palace Hotel di Merano, emergono nuovi elementi che indicano la presenza sotto traccia di attività “in nero” con introiti che sarebbero stati sottratti non solo al controllo del fisco ma anche a quello della proprietà della struttura e relativa gestione. In tutte le deposizioni non è mai emerso che Pietro Tosolini in qualche modo fosse stato informato e che, di conseguenza, sapesse. Anche per questo nel processo si è costituito parte civile lamentando un presunto danno di oltre 1 milione e 600 mila euro. Ricordiamo che sotto processo per truffa aggravata ci sono Massimiliano Sturaro (ex direttore generale ed ex amministratore delegato della società di gestione della struttura) e la dottoressa bolognese Carmen Salvatore, all'epoca dei fatti medico del dipartimento di medicina estetica dello stesso Palace. Ieri Massimiliano Sturaro ha assistito in aula alla deposizione dei testimoni chiamati a deporre dalla difesa secondo un filo conduttore che intende dimostrare che una certa gestione di denaro “in nero” vi sarebbe stata all’interno del Palace così come ammesso dallo stesso Sturaro che però ha sempre sostenuto di aver agito su disposizione di Henri Chenot, all’epoca dei fatti presidente della società di gestione. Ieri la prima a deporre davanti al giudice Paparella è stata una ex impiegata del Palace, non confermata al termine del periodo di prova di tre mesi con la motivazione (secondo la sua testimonianza) che non si sarebbe dimostrata in sintonia con la filosofia dell’azienda (circostanza che però la responsabile dell’ufficio personale dell’epoca non ha confermato). E la donna ha raccontato di aver avuto all’epoca precise disposizioni per la cancellazione dalla contabilità ufficiale di alcune prestazioni già fornite alla clientela, che sarebbero state, in quel modo, sottratte al controllo - come detto - non solo del fisco ma anche della proprietà. Tra gli altri ha deposto in aula anche Uberto Cimatti, storico farmacista di Merano che da vent’anni garantisce al Palace alcune forniture in forma diretta e indiretta, con importanti consulenze fornite ai coniugi Chenot. «Con la dottoressa Salvatore - ha poi puntualizzato il noto farmacista - ho avuto rapporti commerciali solo per un breve periodo, cinque o sei anni fa». Il dottor Cimatti ha rivelato in aula di essere stato contattato dalla dottoressa Salvatore con la proposta di una nuova forma di collaborazione. In sostanza al farmacista Cimatti sarebbe stato proposta di acquistare tutti i prodotti che solitamente forniva al Palace da una società di Bologna. Si sarebbe trattato - secondo il progetto - di cosmetici che la dottoressa Salvatore si sarebbe impegnata a prescrivere ai clienti del Palace e che sarebbero stati pagati (dopo un primo periodo) dalla stessa Salvatore o da una sua persona di fiducia. Anche il farmacista Cimatti, dunque, ha rivelato in aula un progetto per sottrarre dal controllo del Palace almeno parte del business relativo alla fornitura di medicinali e cosmetici. «La proposta mi parve strana - ha ricordato Cimatti in aula - ne parlai con Sturaro e l’attività venne interrotta anche dopo qualche screzio con la dottoressa Salvatore. Successivamente ne parlai anche con Henri Chenot il quale ebbe una reazione di sorpresa». Tra i testi chiamati ieri a deporre è comparso in aula il titolare di una ditta di Trieste, specializzata nella fornitura di apparecchiature elettroniche utilizzate per cure di bellezza. Agli atti del processo c’è una dichiarazione in cui si conferma il versamento concordato di una somma di denaro su un conto estero a fronte dell’acquisto di un macchinario dal valore di circa 70 mila euro. Il teste ha confermato che si sarebbe trattato di una percentuale pattuita (a titolo di benefit) con chi dispose l’acquisto. Insomma le vie del business al Palace erano infinite.













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