«Il lupo, risorsa da valorizzare» 

Lo spiega il veterinario Vincenzo Mulè, co-autore di uno studio nel parco nazionale della Majella  


di Paolo Tagliente


BOLZANO. Dichiarare guerra ai lupi, che da qualche tempo hanno incominciato a ripopolare anche le nostre montagne, e dare il via agli abbattimenti? Se l’obbiettivo che si vuole raggiungere è quello di “mettere in sicurezza” i pascoli e proteggere le greggi dagli assalti del predatore, quella sarebbe la strada più sbagliata. Parola del veterinario altoatesino Vincenzo Mulè che nel 2011, insieme alla collega Lara Guerra, ha trascorso un mese nel Parco nazionale della Majella proprio per realizzare uno studio commissionato dalla Regione Abruzzo i cui risultati sono stati poi riassunti in una relazione scientifica dal titolo «Il lupo in Abruzzo tra natura selvaggia ed attività antropiche».

«In quelle zone – spiega Mulè il lupo è specie autoctona e, quindi, l’uomo è abituato a conviverci da sempre, anche se negli anni 70 s’è rischiata l’estinzione». Durante la loro permanenza nel parco nazionale, Mulè e Guerra hanno osservato il comportamento e gli spostamenti dei branchi, ma anche incontrato chi vive e lavora in quelle zone, in primis i pastori. «Abbiamo subito notato la differenza di mentalità tra pastori della vecchia generazione, che covano un odio profondo per quello che considerano semplicemente un predatore, un “animale feroce” e i pastori più giovani, che vedono nel lupo un abitante del parco con cui convivere e, perché no?, anche su cui puntare come richiamo turistico. Alcuni di loro, infatti, oltre alla pastorizia, hanno puntato su agritur e altre strutture ricettive frequentati da persone che arrivano nel parco proprio per poter vedere il lupo».

Niente fucili, insomma, ma valorizzazione intelligente di una presenza che, oltre a garantire l’equilibrio faunistico e ad essere fondamentale per l’ecosistema, può avere ottime ricadute econimiche. «Proprio così – continua Mulè – anche perché basta qualche accorgimento per mettere le greggi al riparo dagli assalti del lupo. Accorgimenti che posso riassumere: in sorveglianza del gregge nelle ore del pascolo; recinzioni elettrificate e confinamento notturno degli animali; cani da “guardiania”; dissuasori acustici e visivi e gestione associata delle greggi. Per quel che riguarda i cani, il mastino abruzzese fa questo lavoro dall'epoca romana e lo fa in maniera impeccabile. Si tratta di un cane possente, intelligente e dalla forte personalità, in grado di prevenire gli attacchi e, se necessario, anche di affrontare in maniera molto efficace il lupo». Anche con il lupo, quindi, le maniere forti non risolvono i problemi- «Esatto. Anzi, soprattutto con il lupo, direi. Perché si tratta di un animale molto intelligente e, se qualche membro del branco viene ucciso, gli altri componenti, intuendo il pericolo, si sparpagliano sul territorio e creano altri branchi. Con il risultato di rendere più difficile l’opera di monitoraggio e di censimento degli esemplari». Sparare, insomma, non serve. E dovrebbe tenerne in debito conto chi, anche in Alto Adige, dove il dibattito sul recente ritorno del lupo è assai infuocato, ritiene che l’unico modo per proteggere il bestiame al pascolo sia quello procedere con gli abbattimenti. Basta un po’ di lucidità, quindi, per trasformare quello che sembra un problema in una risorsa.













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