Il Monumento liberato dice addio all’ideologia

Folla all’inaugurazione. Spagnolli: «Simbolo pericoloso, ora lo sveliamo» Il presidente Kompatscher: «Una giornata storica, creata dalla convivenza»


di Francesca Gonzato


SEGUE DALLA PRIMA PAGINA. Il Monumento alla Vittoria apre le porte e diventa più normale. Libero dalla ideologia che lo ha edificato e dalla rabbia che ha provocato. E i bolzanini non aspettavano altro. Oltre 3500 persone hanno visitare il centro di documentazione «Bz ’18-’45 un monumento, una città, due dittature» sulla storia dell’arco di Piacentini dalla costruzione a piazza della Pace, gli anni del fascismo e del nazismo. Per salire la scalinata e ammirare il restauro dei marmi e delle sculture. È andata molto bene l’inaugurazione, non solo per la folla. Bolzano racconta all’Italia come si fanno i conti con il passato. «Una domanda di futuro», è l’omaggio del ministro ai Beni culturali Dario Franceschini, che ha voluto esserci. Anche lo Stato è protagonista di questa scommessa vinta, insieme a Comune e Provincia. Il Monumento è stato finora intoccabile, ogni ragionamento sul suo uso si è spento su un muro di gomma di silenzio e timori. Ieri è stato inaugurato il museo e riaperta la cancellata, che dal 1978 ha isolato il monumento dalla città. Nessuna contestazione. Resta l’eco delle polemiche dei consiglieri comunali per l’inaugurazione divisa tra vip e «normali». Fa già discutere l’anello di led sulla facciata principale, in cui scorre a caratteri rossi su sfondo nero il nome del centro di documentazione. I testi storici del museo verranno pesati e non mancheranno le critiche. Ma quello che conta sono le proporzioni e ieri parlava la leggerezza provata da chi ha deciso di stare al gioco. Italiani e sudtirolesi. Anche nel mondo del centrodestra, che a maggioranza benedice l’operazione.

Alle 11.30 la cripta si è riempita per l’inaugurazione delle autorità. Hanno parlato Franceschini, il sindaco Luigi Spagnolli, il presidente della Provincia Arno Kompatscher . Attorno a loro, i protagonisti del restauro del monumento (finanziato dallo Stato) e del centro di documentazione. Una storia partita da lontano. Infatti tra gli invitati c’erano l’ex sindaco Giovanni Salghetti e l’ex presidente provinciale Luis Durnwalder. E poi gli storici ideatori del percorso museale Andrea Di Michele, Hannes Obermair, Christine Roilo, Ugo Soragni e Silvia Spada, con Uli Prugger della Gruppe Gut (ideatori del concetto espositivo). Ognuno si è preso la responsabilità di mettere le mani in una materia incandescente e ieri c’erano solo sorrisi. Sarà anche una terra complicata, ma è l’Alto Adige che inaugura il primo centro italiano di documentazione sugli anni del fascismo e del nazismo. «La storia non si può e non si deve cancellare», ha sottolineato Franceschini, «Ma qui a Bolzano la memoria delle lacerazioni del passato non serve per riaprire antiche ferite, quanto piuttosto per essere consapevoli di quanta strada sia stata fatta, di come questo territorio rappresenti attualmente un esempio riuscito, un modello di convivenza». In un’epoca sempre più interconnessa, è la riflessione di Franceschini, «la specificità di questa provincia rappresenta una straordinaria ricchezza, carica di opportunità. Quella di luogo di frontiera e ponte fra culture è una vocazione da coltivare e tutelare». Non bisogna avere paura, sollecita il ministro, «del dialogo e del mescolamento fra culture, identità e tradizioni». Ha parlato a braccio il sindaco Spagnolli, rivendicando il suo orgoglio per Bolzano e l’Alto Adige «laboratorio avanzato di convivenza tra persone di provenienza diversa. Con contraddizioni certo, ma siamo stati anticipatori di ciò che accade nell’Europa». Il monumento, ricorda Spagnolli, è il simbolo della possibile deflagrazione che è sempre stata dietro l’angolo, «ma siamo riusciti a non provocare la deflagrazione e ora proviamo a tradurre in modo positivo questi simboli». Due anni e mezzo di lavori per arrivare, ha esordito Kompatscher, «a un risultato storico». Aprire il monumento, è sicuro Kompatscher, «significa liberarlo dalla sua carica ideologica. La società altoatesina e sudtirolese è matura per questo passo e confido che possiamo farne altri». Il riferimento è al bassorilievo di Mussolini in piazza Tribunale, su cui spiccherà la citazione di Hanna Arendt «nessuno ha il diritto di obbedire», che è proiettata anche nella cripta del monumento e costituirà il filo rosso della storicizzazione. La convivenza tra gruppi che ha permesso questa operazione, indica Kompatscher a Franceschini, fa dell’Alto Adige «una piccola europa». Franceschini ha proseguito la visita con le tappe in piazzetta Innerhofer e al lager di via Resia. Prima della partenza pranzo veloce al Commissariato del governo con il prefetto Elisabetta Margiacchi, Ugo Soragni (direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto), Kompatscher e Spagnolli.

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