Il rettore: «Imprese “fredde” con l’ateneo» 

Lugli: «Poche connessioni. Al centro di ricerca per l’industria 4.0 ha aderito solo un’azienda». Scarsa conoscenza dell’inglese, «la scuola faccia di più»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Paolo Lugli è uno che dice pane al pane. Così, al "Dies academicus", la festa della Lub, il rettore ha piegato in due il foglio con su il discorso già consegnato all'ufficio stampa, se lo è rimesso in tasca e ha detto un paio di cose molto pratiche. E dirette. La prima: l'università "vuole" fare sempre più per le imprese sul territorio ma le suddette imprese "devono" fare di più per l'ateneo e per la ricerca. In sostanza: fanno ancora troppo poco. «Al centro di competenze per industria 4.0 gli altri atenei hanno raccolto l'adesione di decine di imprese. Noi sapete quante? Una...».

La seconda: Bolzano deve aprirsi agli studenti e, soprattutto, aprire le sue case. Cioè mancano alloggi, studentati e gli appartamenti privati o non vengono affittati ai ragazzi o costano troppo. In sostanza: è un'emergenza che mette in pericolo la crescita della Lub. Poi le luci. 1) Parte la facoltà di Ingegneria con domicilio al Noi Techpark; 2) è alle viste la facoltà di Musica "nonostante grossi ostacoli" ma la collaborazione col Conservatorio farà sì che a Bolzano nasca una facoltà pilota, unica in Italia; 3) è finalmente pronto un primo studentato (parole della presidente del cda Ulrike Tappeiner): «È situato in via Bottai, potrà ospitare almeno 70 studenti ed è di un privato che aprirà col sostegno nostro e. dunque, della Provincia»; 4) funzionano bene i corsi duali a cui partecipano 15 dipendenti di imprese private; 5) avviati i percorsi per le nuove lauree in alimentazione e biotecnologie.

La questione che è emersa è dunque che l'università ha capito che deve entrare sempre più in città e nel territorio per affiancarlo nella sua crescita anche sociale; ma è il territorio che , in questo momento, sembra nicchiare, aspettandosi come sempre che sia il pubblico (la Provincia) a pagare e con i privati alla finestra.

È stata comunque una festa, il "Dies". Con mezza Bolzano a parteciparvi. Dalla Provincia al Comune (Sandro Repetto), dallo Stato (il prefetto Cusumano, il questore Racca, i comandanti Berto e Paolucci), Durnwalder (padre fondatore dell’ateneo), l'ex rettore Walter Lorenz, il consigliere del cda Grillo (in attesa che lo stesso consiglio decida finalmente per la vicepresidenza ancora in sospeso), i rettori o i loro delegati di Trento, Verona, Innsbruck, il sindaco di Merano Rösch, Letizia Ragaglia, Mauro Randi, Kuno Prey, Mathà e tanti altri.

Premiati e accolti i nuovi professori che rafforzeranno le facoltà (sono quindici).

Ma è stato il momento in cui il rettore Lugli ha posto il tema del rapporto con la rete dell'economia che sono emerse che criticità che ancora impediscono un rapporto virtuoso tra ricerca e territorio a fare da reciproco volano per lo sviluppo.

Lo ha fatto, Lugli, raccontando una novità: l'adesione di Bolzano al centro di competenze per l'industria 4.0 a cui prenderanno parte le università più prestigiose nel Nordest, dalle due veneziane, a Padova, a Verona, a Trento, Udine ecc. «Bene, Bolzano ci sarà - ha annunciato il rettore - ma con poco seguito. Gli altri atenei hanno portato con sé i contributi, soprattutto finanziari, di tante loro imprese, noi solo di una. Poco, troppo poco. Ha aderito quella del presidente della nostra Confindustria (Giudiceandrea con Microtec, ndr) ma le altre, pur in presenza di un contributo molto limitato, non si sono fatte vive».

Deve dunque fare di più la Lub per integrarsi ma è necessario che i privati si muovano come stanno facendo da anni in Europa e da un po' anche nei distretti più innovativi del Paese. «Serve che la ricerca e le aziende imparino a muoversi sempre più insieme, sostenendosi a vicenda. Non basta più solo la Provincia...».

In conclusione: Paolo Lugli, come spesso gli accade, ha dato una nuova scossa. Dopo la campagna per gli alloggi a Bolzano, quella per una connessione sempre più sul piano pratico tra produzione e innovazione accademica. Perché il trilinguismo non basta a fornire identità. A questo proposito: «Tanti ragazzi altoatesini e sudtirolesi non sanno l'inglese - ha aggiunto - la scuola deve fare di più...».

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