Itas, chiesto il giudizio per tutti gli imputati 

Il gup contro l’ex direttore generale Grassi e Gatti, Giuliani, Trevisan e Gnesetti L’istituto, costituitosi parte civile, vuole un maxi risarcimento: oltre 2 milioni


di Luca Marognoli


TRENTO. Tutti e cinque gli imputati a processo, senza modifiche nei capi di accusa. Nessuna richiesta di riti alternativi. E un conto, salato, presentato da Itas, la parte civile, che pretende un risarcimento di oltre 2 milioni di euro, sia per i danni patrimoniali che di immagine patiti dalla società.

Ieri alle 13.30, al termine di un’udienza preliminare durata più di tre ore, il gup Francesco Forlenza ha disposto il rinvio a giudizio per Ermanno Grassi, 51 anni, ex direttore generale di Itas, per Paolo Gatti, 44 anni di Milano, ex dirigente e procuratore speciale di Itas Patrimonio, per Roberto Giuliani, 57 anni di Mori, titolare della Target sas, per Gabriele Trevisan, 44 anni di Piove di Sacco, rappresentante della Point Rent Car, e per Alessandra Gnesetti, 53 anni, ex responsabile gadget dell'Itas.

Restano in piedi, come detto, tutte le accuse: nella scorsa udienza (la prima, rinviata subito dopo la costituzione di parte civile), a Ermanno Grassi, oltre ai reati di estorsione, truffa, appropriazione indebita, calunnia e falso, erano stati contestati anche l’infedeltà patrimoniale e la corruzione fra privati. Per lui dodici capi di imputazioni. Trevisan, Gatti e Giuliani sono invece accusati della sola truffa, mentre Gnesetti deve rispondere di tre reati: truffa, appropriazione indebita e falso. Tutti reati che i quattro avrebbero commesso, in circostanze distinte, in concorso con l'ex dg Ermanno Grassi. Nell’udienza di apertura, il 21 settembre, a seguito di un calcolo dettagliato basato su conti e fatture, c’era stata una redistribuzione del valore dei beni ritenuti oggetto di appropriazione indebita: 95 mila euro prima imputati a Gnesetti erano stati posti in carico a Giuliani.

Ieri mattina, come prevedibile, i legali della difesa hanno chiesto tutti il proscioglimento dei loro assistiti. La parte civile si era detta disposta ad accettare una derubricazione del reato più grave, l’estorsione, in un tentativo di estorsione, non ritenendo che il presidente Di Benedetto fosse stato vittima di minacce. Ma il giudice ha deciso diversamente, fissando il processo, che sarà collegiale, per il 12 aprile.

All’udienza preliminare non si è presentato nessuno degli imputati, sostituiti da uno stuolo di avvocati: Migliucci per Gatti, Uslenghi per Grassi, de Bertolini e Daldoss per Gnesetti, Malfer per Giuliani e Zecchin per Trevisan. Un trio di toghe è intervenuto invece per rappresentare Itas: Cagnin, Franchini e Caimi. La società ha deciso di costituirsi parte civile per tutti gli imputati ad eccezione di Gatti. La difesa di Grassi ha sostenuto con veemenza l’insussistenza del reato di estorsione sottolineando la posizione analoga dei legali di parte civile: una circostanza che potrebbe indebolire se non far crollare il castello accusatorio della Procura, rappresentata dal pm Carmine Russo. L’avvocato Uslenghi non ha nascosto la sorpresa del rinvio a giudizio anche per questo capo di imputazione, ma si è detto convinto di poter dimostrare in dibattimento che il comportamento dell’ex dg è stato lecito rispetto a tutte le accuse a lui rivolte, oltre che noto alla società. Ma su questo punto le posizioni divergono, perché - stando all’avvocato di Itas, Antonio Franchini - alcuni dei fatti contestati a Grassi non erano affatto noti ai vertici aziendali, che ne avrebbero preso conoscenza solo dopo il sopralluogo dei Ros nella sede delle Albere.

Le registrazioni. «Bisogna che siamo un tutt’uno. Vinciamo, Ermanno? Vinciamo insieme». È il 20 marzo 2017, venti giorni dopo scoppia il caso Itas con l’ordinanza del giudice Marco La Ganga che aveva interdetto Ermanno Grassi dalle sue funzioni e il presidente della compagnia Giovanni Di Benedetto dimostrava non solo di sapere tutto dal 2014, ma di avere anche un patto di ferro con Grassi. Lo dice in una serie di registrazioni che lo stesso Grassi fa dei loro colloqui. Il direttore generale, infatti, non si fida più del presidente, e inizia a registrare tutto. E fa bene, visto che, tempo due giorni, viene scaricato di brutto. Nelle 45 pagine di registrazioni, depositate dall’avvocato Matteo Uslenghi, c’è uno spaccato a dir poco sorprendente di come veniva gestita la compagnia. All’inizio Grassi e Di Benedetto parlano molto della funzionaria Alessandra Gnesetti che li ha denunciati facendo esplodere lo scandalo. E poi parlano, in termini non lusinghieri, anche di Fabrizio Lorenz, l’attuale presidente. Confermano il progetto segreto di portare l’Itas a Milano e parlano anche del tentativo di Lorenzo Dellai di rovesciarli già anni fa.













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