LA STORIA

Katharina, la barista gentile che serve il caffè con il sorriso 

In Alto Adige ogni anno nascono in media 7 bambini con sindrome di Down. Sabato il convegno promosso dall’associazione “Il sorriso”.  L’autonomia si realizza attraverso la dignità di un’occupazione. Katharina Tutzer, 20 anni, lavora da 3 in un locale davanti alla Stazione


antonella Mattioli


Bolzano. Tutte le mattine alle 8.30 prende il bus numero 5 che passa da via Roen e va fino in stazione. Due passi ed è già al lavoro, al “Landhaus”, il bar davanti alla stazione.

Dalle 9 alle 13; da lunedì a sabato: lei è impegnata a fare caffé, cappuccini, spremute serviti, a seconda dell’ora, assieme a brioche e panini. Ieri, 21 marzo, è stata giornata mondiale della sindrome di down - in Alto Adige nascono in media sette bambini all’anno - e così abbiamo deciso di raccontare la storia di Katharina Tutzer: la ventenne bolzanina che nonostante quel cromosoma in più, ha iniziato - proprio grazie al lavoro come cameriera - il cammino verso l’indipendenza.

Per lei questo è il lavoro più bello del mondo.

Perché? la risposta è semplice. «Perché - dice - al bar c’è sempre tanta gente e a me piace. Non ci si annoia mai».

Molti sono habitué che si fermano prima di andare in ufficio o arrivano durante la pausa di metà mattina: di loro Katharina conosce ormai orari e gusti. E loro si sono affezionati a quella cameriera dall’aria simpatica che, anche quando il locale è pieno e i clienti vanno di fretta, non si lascia prendere dallo stress.

Poco dopo le 13, Katharina riprende il bus e torna nel maso di famiglia, in fondo a via Ischia.

È lì che è cresciuta assieme a due fratelli e due sorelle: lei è la più piccola - il più grande di anni ne ha 30 - di cinque.

«Ho scoperto - racconta la madre Astrid - che Katharina aveva la sindrome di down il giorno in cui è nata. All’inizio, non lo nego, mi sembrava che il mondo mi crollasse addosso. Poi però ricordo di aver parlato con il medico e ho cominciato a vedere la realtà in maniera diversa. Mi ha tranquillizzata, spiegandomi che Katharina avrebbe imparato a parlare, a camminare, a giocare come tutti gli altri bambini. Ma aveva bisogno di maggiori attenzioni, perché sarebbe stata un po’ più lenta dei suoi coetanei. Aveva ragione».

La famiglia

La piccola di famiglia è diventata presto la coccola di quella nidiata di fratelli e sorelle più grandi. Il loro affetto unito alle nuove conoscenze in campo medico e riabilitativo hanno consentito alla bimba di ridurre le distanze .

«Fino ai 10-14 anni - racconta la mamma - non ci sono grossi problemi, perché anche i bambini come Katharina vengono coinvolti in tutte le iniziative della scuola e invitati alle feste a casa dei coetanei. È dopo che la strada si fa in salita e che i ragazzi come mia figlia rischiano di essere tagliati fuori».

Ma la famiglia Tutzer si è data da fare perché ciò non avvenisse: la piccola di casa è stata scritta alla Scuola professionale di economia domestica; quindi, cercando di valorizzare le sue attitudini, è stata mandata a lezione di coro e al corso di danza moderna.

Poi tre anni fa è arrivata l’offerta di andare a lavorare come cameriera al Landhaus, il bar di piazza Stazione.

«Il contratto è annuale - spiega ancora la madre - e noi speriamo che venga sempre rinnovato, perché mia figlia è contenta. Il lavoro le piace; le piace stare tra la gente».

È il primo passo verso l’autonomia, quella condizione che ogni genitore sogna per tutti i figli e ancora di più per chi - per uno “scherzo” genetico - ha meno chance degli altri. «Katharina abita con noi e finora non ha manifestato il desiderio di andare a vivere da sola. Ma un giorno succederà. E comunque il problema si proporrà nel momento in cui non ci saremo più noi. Non si può neppure pretendere che siano i fratelli a farsene carico. Il problema non di facile gestione».

Ma si può fare: Luca e Silvana - che a gennaio, hanno coronato il sogno di diventare marito e moglie - ce l’hanno fatta.

Il convegno

Al tema della autonomia è dedicato il convegno, organizzato dall’associazione “Il sorriso”, che si terrà sabato 23 marzo, alle ore 14 presso il teatro “Gino Coseri” passaggio Maria Damin, a Laives . Titolo: «Anch’io diventerò grande», percorso verso l’autonomia.

Interverranno: Francesca Pulina psicologa; Claudia Canavacciuolo, madre di una donna adulta con sindrome di Down; Ilaria Buraschi, educatrice/responsabile servizio supporto abitativo Assb; Christiane Gruber della Lebenshilfe. Durante il convegno verrà proiettato anche un’anteprima del film “Luca + Silvana” del regista Stefano Lisci, documentario che racconta la storia d’amore di questa coppia bolzanina e del progetto di vita culminato appunto con il matrimonio celebrato nella chiesa dei Domenicani.

L’indipendenza

L’autonomia presente e futura dei nostri figli - dicono gli organizzatori - si costruisce a partire dai primi anni di vita ed è una strada che si percorre un passo alla volta fino all’età adulta. «Per noi genitori è difficile accettare questo percorso e solo immaginare che i nostri figli un domani possano avere una vita autonoma e andare a vivere da soli. Ma l’esperienza di tanti adulti con sindrome di Down ci dimostra che ciò è possibile. Di qui l’idea di organizzare un convegno. L’intento è quello di aiutarci ad entrare in questa realtà che ci riguarda tutti, figli grandi e piccoli, genitori, parenti ma anche insegnanti e quanti sono a contatto tutti i giorni con i nostri ragazzi». La domanda di fondo alla quale gli esperti cercheranno di dare una risposta è: come aiutare i ragazzi a costruire la loro autonomia e un domani che possibilità concrete ci sono di uscire dalla famiglia?

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