Kompatscher a Don Bosco «Salvare i piccoli negozi» 

Il presidente in via Sassari dai commercianti: «Fondi per i progetti di vicinato» La Bolzano popolare: «Qui c’è vita. Quando suonavo frequentavo il quartiere»



BOLZANO. «Venga a Don Bosco, parli direttamente con le persone, le ascolti, si guardi intorno»: l’invito ad Arno Kompatscher risale alla primavera. Di rinvio in rinvio, si è arrivati a ieri. Il presidente provinciale è stato a pranzo in via Sassari e per due ore ha visitato alcuni negozi della strada. L’idea è partita dalla Confesercenti e Mirco Benetello (il direttore, c’è anche il presidente Federico Tibaldo) lo ha accompagnato nel giro tra i commercianti. Con le elezioni in arrivo, la presenza nel quartiere diventa anche un mini tour elettorale del presidente-capolista della Svp. Kompatscher ribadisce: «È un impegno preso da tempo». Durnwalder era ben contento di intestarsi 10 mila voti italiani. Anche Kompatscher sembra cavarsela. Qualcuno lo ferma per chiedergli una fotografia, è accolto con simpatia. Conosce il quartiere, ricordi di gioventù: «Lo frequentavo da ragazzo, quando suonavo in un gruppo». Don Bosco viene considerato il termometro della Bolzano popolare più in sofferenza. Kompatscher però dice: «È un quartiere bello, perché vivace, si vede che tra le persone c’è ancora un rapporto di vicinato. E non lo trovo degradato. Certo, ci si può lavorare. Il Comune è impegnato e anche noi vogliamo lavorare sul sostegno al commercio di vicinato. Ecco perché questo giro». La Provincia non ha più finanziato il bando per i progetti di commercio di vicinato. «Vogliamo riaprire quel canale, sto cercando di farmi una idea», spiega Kompatscher. Perché via Sassari? «Perché è uno strada simbolo», risponde Benetello, «È importante che il presidente ascolti i problemi di questi commercianti, che non sono gli stessi del centro città e neppure dei paesi delle valli». Kompatscher entra in diversi negozi. C’è la ferramenta di Edith Knoll, di Gries, che oltre vent’anni fa decise di aprire qui, la latteria «Da Celeste», il ristorante «Il portichetto», in cui ha pranzato, il negozio di calzature Giotto, gli elettrodomestici Vezzù, la parrucchiera Ethérea. Nella via molti negozi sono aperti da venti-trenta anni, gli attuali titolari sono subentrati ai genitori. Riescono a stare aperti e spiegano «in fondo abbiamo un ruolo sociale, le persone entrano anche per fare due chiacchiere. Senza il commercio, ci sono solo quartieri dormitorio». Raccontano a Kompatscher il problema delle banche, «basta andare in sofferenza una volta, e sei bloccato per sempre»,l ,la concorrenza dell’e-commerce e dei centri commerciali: «Mio padre vendeva 50 televisori alla settimana. L’unica salvezza per noi è differenziarci». Vale anche per la latteria «puntiamo sulle specialità» o per il negozio di giocattoli.

Cosa chiedono al Comune e alla Provincia? «La strada è disordinata, senza un’anima», spiegano a Kompatscher, «Bisognerebbe ripensarla. Non servono grandi cifre, ma qualche buona idea di arredo urbano e pavimentazione». Benetello conferma che l’idea è questa: «Rendere più attrattiva questa parte di città, per farla diventare un luogo in cui si fanno acquisti volentieri». Kompatscher non teme che diventi sempre più profonda la distanza tra le aree ricche della provincia e i quartieri popolari? «Proprio per questo bisogna investire adesso», la sua risposta. Due nordafricani gli chiedono una foto, una signora sudtirolese lo saluta: «Anche lei qui?». (fr.g.)

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