L’ambulatorio mobile cura gli ultimi in strada 

Medici e infermieri volontari in piazza Verdi e via Comini due volte a settimana


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Il medico e l’infermiera non sono ancora arrivati, ma davanti all’ambulanza, parcheggiata in piazza Verdi, dietro la mensa per senzatetto locali e stranieri, c’è già la fila. Sono una decina di persone - clochard e migranti - in attesa di essere visitate e possibilmente curate. Bisogna approfittare della disponibilità dei volontari dell’Ambulatorio mobile che rimarranno lì per un paio d’ore, da mezzogiorno alle due. C’è chi ha una brutta tosse; chi degli sfoghi sulla pelle e poi dolori muscolari da far fatica a muovere gambe e braccia.

Il team di volontari che opera all’interno di un’ambulanza trasformata in ambulatorio mobile è formata da tre persone: in servizio ci sono il medico Mario Franceschini, l’infermiera Evelyn Anderle e il volontario della Croce Bianca René Campo. C’è un calendario settimanale e i volontari si danno il cambio a seconda delle disponibilità.

Fa freddo e anche loro sono imbacuccati in maglioni e piumini come i pazienti che passano le giornate ai giardini della stazione, dietro il teatro, sotto i piloni del viadotto dell’autostrada. Per le associazioni che operano sul territorio sono una cinquantina coloro che dormono all’aperto, perché non hanno i requisiti per entrare nei centri di accoglienza.

I più fortunati sono ospitati nelle strutture create dal Comune per l’Emergenza freddo, in via Comini a Bolzano sud e in via Macello ai Piani: «In lista d’attesa - spiega l’assessore Juri Andriollo - in questo momento non abbiamo nessuno. Per accedervi però devono avere almeno un documento: Bolzano fa più di qualsiasi altro Comune».

Ma alle 8 di mattina le strutture chiudono e gli ospiti devono uscire, per rientrare solo la sera. La giornata è lunga soprattutto adesso che il freddo si fa sentire ed è facile ammalarsi.

«Il guaio è - spiega Elettra Zappa, coordinatrice del servizio Oltre la strada, creato da Volontarius nell’autunno del 2017 - che chi non ha la residenza, può accedere solo ad una parte delle cure mediche, rivolgendosi al Pronto soccorso, ma molti dei disturbi che insorgono proprio per il fatto di vivere in strada, non hanno la caratteristica dell’urgenza e quindi dovrebbero andare dal medico di famiglia. E torniamo al punto di partenza: chi non ha la residenza non ha diritto a questo tipo di servizio».

Davanti ai bisogni dei disperati che vivono in città ci si può girare dall’altra parte oppure, come stanno facendo coloro che aderiscono al progetto, decidere di mettere la propria esperienza professionale al servizio degli ultimi, dedicando qualche ora ad una giusta causa.

«È quello che stanno facendo - spiega Alessandro Scrinzi, referente per la salute del centro ex Lemayr di via Avogadro - quindici medici, cinque infermieri e tre sanitari. Grazie alla loro disponibilità - ricordiamo che prestano servizio gratuitamente - due giorni alla settimana coloro che non hanno il medico di base possono rivolgersi al nostro ambulatorio mobile che è organizzato così: un giorno dalle 12 alle 14 l’ambulanza staziona in piazza Verdi, vicino alla mensa; una sera, dalle 20 alle 22, è in via Comini e a richiesta in via Macello, dove c’è l’altra emergenza freddo».

Franceschini, volontario di vecchia data, è stato a lungo medico di famiglia a San Genesio e adesso che è in pensione, opera sull’ambulatorio mobile: «L’ho fatto in passato nel centro per migranti di via Roma e ora che ho più tempo, mi sembra giusto fare qualcosa per chi ha bisogno. I pazienti che vedo qui sono tutti giovani e questo fa sì che il fisico riesca a resistere alle giornate e spesso anche le notti passate all’aperto. L’età però da sola non basta a superare certe malattie che, se non curate, possono causare problemi seri».

Tra i 15 volontari ci sono medici di famiglia e specialisti: alcuni ancora in servizio, altri in pensione.

Non ci sono - almeno per ora - dentisti: la richiesta ci sarebbe, bisogna però trovare professionisti che si mettano a disposizione.

«Stiamo vedendo - assicura Scrinzi - di trovare il modo, nel prossimo futuro, di ovviare a questa carenza».

Il servizio medico-infermieristico si integra con la Farmacia dei poveri, un deposito di farmaci donati dai cittadini e destinati a coloro che non hanno i soldi per comprarli. E anche se li avessero, non potrebbero farlo perché non hanno un medico di famiglia che faccia loro la prescrizione.

Per quanti dimessi dall’ospedale avrebbero bisogno di qualche settimana di convalescenza per riprendersi, nella struttura per richiedenti asilo creata dalla Provincia in via Avogadro è stato creato uno spazio ad hoc con undici posti letto. «Capita - dice Scrinzi - che i posti siano tutti occupati o, come in questi giorni, ci sia un unico paziente. Però è importante avere questi letti, perché altrimenti chi ha bisogno di un minimo di convalescenza sarebbe su una strada».















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