L'astronomo Salvaterra: «La profezia dei Maya? Mi fa più paura la crisi»

Lo scienziato bolzanino che scopre le stelle: «Predizioni e oroscopi non hanno fondamento»



BOLZANO. «La fine del mondo il 21 dicembre 2012? Onestamente, mi fa più paura la crisi economica». Se lo dice lui, c'è da credergli. Ruben Salvaterra è uno dei più brillanti astronomi italiani. Lo scienziato bolzanino è ricercatore dell'Istituto di astrofisica di Milano, dell'Inaf e della Nasa. Ha scoperto l'esplosione astrale più lontana dalla terra e, il Natale scorso, la caduta di un asteroide su una stella di neutroni. Insomma, stelle e comete, lui, le conosce bene. Oroscopi e osservazioni, astronomia e astrologia, satelliti e telefonini: poche cose più delle stelle oscillano tra scientifico e profano.

La fine dell'anno, poi, è tutto un fiorire di previsioni, predizioni e premonizioni che si aggiungono all'ormai nota teoria catastrofista strappata ai Maya. Insieme all'estiva notte di San Lorenzo, dunque, questo è il periodo peggiore per essere astrofisici di fama internazionale come il bolzanino Ruben Salvaterra, ricercatore dell'Istituto di astrofisica di Milano, dell'Istituo nazionale di astrofisica, collaboratore della Nasa. Autore di alcune scoperte di livello mondiale che sono finite sulle riviste specializzate di tutto il pianeta. Come quella dell'esplosione astrale più distante mai rilevata dalla scienza, e l'anno scorso, con un team italiano, la caduta di un asteroide su una stella di neutroni.

La fatica di trasformare dati in modelli scientifici utili a comprendere l'universo, rischia di passare in secondo piano in questi giorni dominati invece da cartomanti e astrologhi. La via d'uscita migliore è una bella risata tra il serio e il faceto, cogliendo l'opportunità per spiegare meglio cosa significhi davvero "studiare le stelle". «L'attenzione verso il nostro settore scientifico è cresciuta moltissimo negli ultimi anni, quindi dobbiamo essere ancora più bravi nel comunicare bene quelle che sono le nostre scoperte».

La controprova di una crescente popolarità dell'astronomia arriva dagli smartphone. «Qualche tempo fa furono lanciate sul mercato alcune applicazioni specialistiche in grado di seguire gli spostamenti di noti satelliti come lo "Swift" o il "Fermi". Si tratta, evidentemente, di uno strumento per professionisti, ma ben presto il numero di download è divenuto di gran lunga superiore a quello dei professionisti. Questo ha determinato delle migliorie più accattivanti di questi programmi, ma ha stupito la comunità scientifica innescando delle riflessioni».

E' difficile, a volta, spiegare a chi scienziato non è, la linea di demarcazione tra scienza e credenza, il confine che corre tra astronomia e astrologia. «In molti mi chiedono se credo agli oroscopi - continua Salvaterra -, e la risposta non può che essere negativa. Le costellazioni e la posizione dei pianeti variano in continuazione negli anni: quella che si propone a noi è solo una "fotografia" di un posizionamento che è già mutato». Usando un termine televisivo abbiamo sotto gli occhi una "differita" alterata dalla distanza di anni luce. «Esatto, quindi quando diciamo di essere nati con il sole in un certo segno dimentichiamo che il posizionamento reale è assai differente. Logico, quindi, che non possa essere considerata veritiera un'ulteriore analisi basata su dati così alterati».

Analogo discorso per la fine del mondo targata Maya. «Ovviamente - ride -, basta considerare che il Grande Carro, che tutti oggi conosciamo, 5.000 anni fa aveva un aspetto totalmente differente. Diciamo che sono decisamente più preoccupato dalla crisi economica...». Qualcosa di autenticamente rivoluzionario, però, il 2012 potrebbe portarlo. «Se le scoperte attorno ai neutrini saranno confermate, bisognerà rivedere completamente la concezione di tutta la fisica. Non solo, per il 2012 sono attesi i dati del grosso satellite "Plank" con partecipazione italiana: potrebbero dare importanti risposte per la cosmologia aiutandoci a comprendere meglio com'è fatto l'universo nel suo insieme».

Nonostante la responsabilità di coordinare un team composto da decine di persone e analizzare centinaia di dati, Salvaterra torna sempre volentieri a Bolzano. «Ritrovo con piacere gli affetti, ma per un astrofisico allontanarsi da qua è necessario. In Alto Adige non abbiamo molto, al di là dell'osservatorio in Val d'Ega, e manca il presupposto fondamentale: un'università di fisica». Com'è nata, quindi, una passione tanto forte? «Semplicemente dal divertimento di guardare le stelle da bambino. Chiaro che poi bisogna studiare. E tanto».

E' il difficile "salto" che porta dal naso in su della notte di San Lorenzo all'elaborazione di un progetto scientifico. «Anche a me piace cercare le stelle cadenti - chiude sorridendo - ma nei primi dieci minuti metto subito in chiaro di non essere in grado di distinguere tutte le costellazioni ad occhio nudo. Io studio le stelle, mica le guardo».













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