IL CASO

L'Autonomia è provvisoria? Le Province di Trento e Bolzano sono sotto un attacco senza precedenti, ma la reazione è debole

Il direttore dell'Alto Adige e del Trentino Alberto Faustini lancia la domanda alla politica, all'economia e alla società: "Le prerogative vengono viste come privilegi, e il ritornello del "buon governo" non basta più"  - LA RISPOSTA DI UGO ROSSI LA RISPOSTA DI ARNO KOMPATSCHER ALTRI INTERVENTI E INTERVISTE


di Alberto Faustini


Nessuno ha il coraggio di porsela. E molti la evitano con capriole politiche e anche istituzionali. Ma la grande domanda, oggi, è ormai una sola: l’Autonomia è provvisoria?

Il colpo di genio di Alcide Degasperi - che permise a questa terra di trasformarsi da ruota di scorta in motore della ripresa - è uno strumento a termine? Quando firmò lo storico accordo con il ministro degli esteri austriaco Karl Gruber, il grande statista (qui ancora inviso ad alcuni) s’immaginava di riconoscere per sempre le forme di autogoverno che avevano caratterizzato la storia del Trentino Alto Adige? O pensava, con una lungimiranza oggi quasi sconosciuta, alla creazione di un vascello capace di portare questo territorio dalla fame atavica ad una oggettiva ricchezza per poi riporre la barca nel porto di un’Italia che ormai vede le autonomie come forzature e privilegi indifendibili?

Da oggi l’Alto Adige e il Trentino metteranno questo tema - che a molti piacerebbe tenere sotto il tappeto, magari in attesa di tempi migliori - al centro del dibattito. Per interrogare la politica, la società, l’accademia e quanti hanno a cuore una situazione che si dà per scontata, che è spesso sconosciuta - nel resto del Paese, ma anche qui - e che anche per questo genera equivoci di varia natura. Siamo in mezzo ad un attacco senza precedenti: un governo sempre più centralista cerca di svuotare le nostre casse fingendo di dimenticare tutte le competenze che sono legate alla gestione di quei quattrini. La politica e la stampa nazionale dileggiano ogni giorno la nostra realtà, usando ogni contraddizione (e ce ne sono molte, purtroppo) per evidenziare quanto l’autonomia sia ormai immotivata e superata. Non è quello che il professor Ugo Morelli chiama un conflitto generativo: è un bombardamento. E sembra definitivo.

La difesa portata avanti dai nostri governanti è debole: perché certi argomenti (governiamo con rigore; ci sono le minoranze; abbiamo tante competenze...) non reggono più. E perché gli altri territori - a fronte di analoghe competenze - sono convinti di poter fare anche meglio, se non altro perché trovare una classe dirigente di livello, in regioni più grandi, è statisticamente molto più semplice. In quanto al rigore, poi, inutile fingere: è stato messo in discussione da troppi errori. Le fondamenta dell’autonomia, insieme alle stagioni eroiche che sono servite per costruirla, scricchiolano.

Regioni e Province sono poi diventate simbolicamente, in Italia, il principale imputato della crisi delle istituzioni: per colpa di chi, da Nord a Sud, le ha usate come bancomat al servizio di avidi politici d’ogni partito. Chiedersi con trasparenza se l’autonomia sia provvisoria, significa allora cercare di prefigurare scenari, costruire vie d’uscita e nuove strategie e non stantie rivendicazioni che suonano addirittura come provocazioni agli occhi di altri territori, di altri governatori e di un certo Renzi. Come se non bastasse, l’aria che spira sul nostro presente è resa ancor più gelida dal fatto che un amico di questa terra stia per lasciare il Quirinale: senza Napolitano, sarà infatti ancor più difficile tutelare, a Roma o a Vienna, quelle che Rossi e Kompatscher - che hanno comunque il pregio di muoversi insieme, seppur trascurando l’assetto regionale - chiamano «le nostre prerogative». Forse è meglio cercare qualche risposta. Subito.













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