la storia

L’uomo che portò cinquemila ebrei in Italia dal Passo dei Tauri

Marko Feingold, 104 anni, sopravvissuto a 4 lager, è tornato sul sentiero di confine: guidò nel 1947 gli scampati alla Shoah


di Stefan Wallisch


BOLZANO. Settant'anni fa, nell'estate del 1947, il Passo dei Tauri, un valico di montagna a 2.633 metri di quota, divenne teatro dell'esodo di oltre 5.000 ebrei, che di notte, dopo molte ore di cammino, raggiunsero l'Italia per proseguire poi il viaggio verso la Palestina. Questa via di fuga fu individuata da Marko Feingold, un ebreo sopravvissuto a quattro campi di concentramento, che oggi ha 104 anni.

«Ognuno di noi può diventare un profugo, anche oggi», afferma con convinzione. A volte la storia si ripete. Poche settimane fa il soccorso alpino della valle Aurina ha recuperato, proprio al Passo dei Tauri, due profughi somali, che volevano raggiungere l'Austria a piedi attraverso questo valico di montagna. Secondo Feingold, che conosce questa zona come le sue tasche, «i profughi oggi trovano interesse nell'opinione pubblica e aiuti. All'epoca la cittadinanza non aiutava, l'antisemitismo era sopravvissuto alla guerra».

Questo piccolo, grande uomo è l'ospite d'onore dell'11/o Alpine Peace Crossing, una marcia della pace organizzata proprio in ricordo della fuga degli ebrei, che parte da Krimml, in Austria, e arriva a Casere, in Italia. Feingold saluta, stringe mani e i suoi occhi vispi non smettono mai di scrutare con interesse gli interlocutori. A 104 anni l'arzillo presidente della comunità ebraica di Salisburgo si «limita» a dare il via alla marcia, anche se, alla sua veneranda età, ha ancora energia da vendere e non nasconde la voglia di mettersi in cammino ancora una volta.

«Dopo la seconda guerra mondiale - racconta Feingold - ho accompagnato 100 mila ebrei dall'Austria in Italia, prima attraverso il Brennero e altri valichi, anche se questo era vietato. Prima della guerra avevo vissuto per sei anni in Italia e parlavo perfettamente l'italiano. Mi presentavo al confine con 200-300 ebrei e dicevo “sono italiani deportatI” e mi facevano passare».

«Nell'immediato dopoguerra in Europa c'erano circa 2,5 milioni di ebrei, molti provenienti dalla Russia, che si spostavano verso l'Europa centrale. Circa un milione di ebrei voleva raggiungere la Palestina. Nessuno voleva gli ebrei, che non vedevano un futuro, se non in Palestina», spiega il 104enne con rammarico. «Presto il Brennero venne bloccato agli ebrei in viaggio verso la Palestina. Nell'estate del 1947 - ricorda -, lo Stato d'Israele non era ancora stato proclamato, gli inglesi non volevano assolutamente che altri ebrei arrivassero, per non creare ulteriori problemi».

Per puro caso Feingold individua su una carta geografica militare degli americani, un tratto di 10 km di zona americana, tra la zona inglese e quella francese, dove l'Austria confina con l'Italia. «Nessuno - racconta - immaginava che potessimo portate intere colonne di profughi attraverso il passo dei Tauri, senza scarpe e indumenti adeguati. È un miracolo che non sia mai successo nulla. Il sentiero è impegnativo anche con buoni scarponi». A Krimml la gendarmeria austriaca, che si dovette confrontare con l'improvviso arrivo di masse di ebrei, portate da Feingold di notte con camion dal campo profughi di Saalfelden, ricevette da Vienna l'ordine: «chiudete le finestre, questo non vi riguarda».

Tra i partecipanti all'Alpine Peace Crossing c'è anche il presidente austriaco Alexander Van der Bellen, «figlio di profughi», come ci tiene a sottolineare. Per il presidente, «quelli che partecipano a questa marcia della pace sono consapevoli che non si tratta solo di ricordare l'anno 1947 e i fatti precedenti, ma anche di prendere un impegno in riferimento ai profughi di oggi. Dobbiamo fare il nostro possibile per loro».

È questa anche la vocazione dell'associazione Alpin Peace Crossing, fondata dieci anni fa dall'ex banchiere viennese Ernst Loeschner. Degli oltre 300 partecipanti alla marcia di quest'anno, una quarantina sono i profughi, come Imad, un giovane ingegnere meccanico siriano, arrivato in Austria un anno e mezzo fa. Il giovane racconta la sua storia in un tedesco quasi perfetto e ci tiene a sottolineare come «nella storia non sia la prima volta che la gente è in fuga».

David, un esuberante ragazzo della Gambia, che a Vienna studia per diventare maestro d'asilo, durante la marcia consegna a Van der Bellen un libricino con le poesie da lui scritte in tedesco. Ognuno di loro vuole stringere la mano e fare un selfie con il presidente austriaco. E Van der Bellen accetta sempre di buon grado. Alpine Peace Crossing: una marcia che collega due Stati, un'iniziativa per promuovere la pace e aiutare i profughi di oggi, ricordando quelli di ieri. Ognuno di noi può diventare un profugo, appunto.













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