La Cgil: «Per ogni scelta chiameranno Salvini?» 

Il sindacato sul patto Svp-Lega: «Sono diversi, testo pieno di punti da chiarire» Le incognite: dialogo con le parti sociali, costo della vita e nuove competenze



BOLZANO. La Cgil, dall’alto dei suoi 36.500 iscritti («siamo cresciuti, ne avevamo 35 mila nel 2017», dice sorridendo Cristina Masera) guarda al governo gialloverde e soprattutto alla neo giunta padano-Svp con l’occhio di chi non si fida troppo. E la domanda che si fa la segretaria è questa: «Quando si tratterà di decidere sulle questioni che ci riguardano, se ne parlerà nelle commissioni provinciali o servirà scendere a Roma o a Milano da Salvini e Calderoli?». Il tema, per la Cgil, non è solo logistico. Perché sia la neosegretaria Masera che l’uscente Alfred Ebner vedono in questo irrigidimento procedurale presunto e in tutta una serie di frasi non esplicitate compiutamente nel programma di governo un segno distintivo dei tempi nuovi. E che non preannuncia niente di buono.

«Sembra un programma scritto da due forze politiche non omogenee e, quindi, pieno di punti da chiarire», dicono. Ad esempio, la cornice di rapporti con le parti sociali, a cui il sindacato tiene molto: «Si parla di dialogo come metodo da utilizzare soltanto in caso di conflitto tra contrapposti interessi e non come confronto abituale».

E dunque la Cgil si chiede se a questo punto non si possa giudicare ridotto tutto il perimetro di confronto che era stato invece a lungo percorso durante la passata legislatura. E già all’orizzonte stanno apparendo gli scogli del passaggio del personale Inail, Inps e Agenzia delle entrate verso l’ente regione o la Provincia. E si vede buio. Perché, dice Masera, «è ancora davanti a noi il percorso difficile e non completamente risolto del personale della giustizia, che dovrebbe essere di per sé un chiaro esempio di come non aggiungere problemi invece che risolverli».

Mobilitazioni territoriali in vista? Per adesso no. E la ragione è che gli sforzi e le attenzioni sembrano concentrarsi sulla manifestazione del 9 febbraio a Roma. «Lì ci saremo tutti», dicono Masera e Ebner, «Noi e le altre single sindacali unitarie per protestare contro la finanziaria». Che, a loro dire, non affronta i veri problemi, come la mancanza del lavoro e il raffreddamento della congiuntura. All’orizzonte, in questa trincea, il «patto per l’Alto Adige» proposto unitariamente per recuperare potere d’acquisto. E che rimane uno degli obiettivi della Cgil. E dunque povertà, stipendi bassi, plurilinguismo, pensioni, solidarietà e welfare, ecco gli scenari che dovrebbero restare ben visibili in questa nuova stagione. «Dove», commenta Ebner, «abbiamo vissuto il cambiamento politico più radicale dal dopoguerra. E in cui siamo di fronte, sia a livello nazionale che qui, in Alto Adige, ad un mix di populismo condito con forme molto visibili di chiusura nei confronti degli stranieri, con paure collettive alimentate ad arte, promesse di molto difficile soluzione e infine, con un forte scetticismo nei confronti dell’Europa».

Una stagione complessa anche a Bolzano da gestire per la Cgil. Con una quasi totale scomparsa degli interlocutori tradizionali, anche a Palazzo Widmann. E con il rischio che l’unità sindacale venga messa in discussione. Ad esempio a livello etnico. «Certe volte non capiamo gli amici della Asgb...» si lascia sfuggire Cristina Masera. Facendo riferimento all’adesione del sindacato di lingua tedesca al programma di giunta provinciale appena sottoscritto. E dunque, dopo la manifestazione nazionale di febbraio, si preannuncia una «primavera calda» con il confronto sulle scelte sul campo che effettuerà la nuova coalizione di palazzo Widmann. Attesa al varco su costo della vita, passaggio di personale, pensioni e, soprattutto, attivazione del tavolo di confronto tra le parti sociali. (p.c.)

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