La vedova del maresciallo «Il mostro me l'ha ucciso e io combatto i fantasmi»


Susanna Petrone


BOLZANO. «Era un venerdì quando è stato ucciso mio marito. Sono passati 16 anni. Ad ogni anniversario rivivo quel tragico giorno». A parlare è Margareth Haller, la vedova del maresciallo Guerrino Botte, ucciso da Ferdinand Gamper. Nel salotto di casa Botte, a San Genesio, si respira tanta serenità. Sul camino, accanto ad una candela, c'è la foto del maresciallo dei carabinieri, ucciso il primo marzo del 1996 da quello che fu definito il «mostro di Merano». Guerrino Botte fu l'ultima vittima di Florian Gamper. Quel giorno la vita di Margareth Haller e dei suoi tre figli Renato, Angela e Alessandro, cambiò per sempre. «Conobbi mio marito che avevo appena 17 anni. Me ne innamorai subito. Erano gli anni Sessanta e si raggiungeva la maggiore età a 21 anni. Quando chiesi a mio padre di firmare, per permettermi di sposare Guerrino, non sapevo come avrebbe reagito: io, ragazzina sudtirolese, che aveva perso la testa per un italiano, che per giunta faceva il carabiniere. Mio padre mi guardò negli occhi e mi disse: "In guerra ho conosciuto uomini di ogni nazionalità. C'era brava e cattiva gente su entrambi i lati". Non si oppose mai alla mia scelta». Margareth si volta e prende una foto in bianco e nero: «Questi siamo io e Guerrino il giorno del matrimonio». Le brillano gli occhi dalla felicità mentre racconta quei giorni. «Quanto eravamo giovani - dice -. E quanto è stato difficile. Avevamo quasi tutti contro. Ci siamo trasferiti da Laives a San Genesio nel 1973. Purtroppo la gente del paese ci teneva molto a distanza. Mi ricordo che un giorno mio figlio Renato tornò a casa dalla scuola elementare ed era sconvolto. Mi disse: "Mamma, i compagni di classe mi hanno detto che non mi vogliono, perché mio padre è diverso". Il giorno dopo sono andata a parlare con il maestro e gli ho spiegato che non tolleravo queste cose. Ho sempre difeso i miei figli, come faceva Guerrino». Passano gli anni e la comunità di San Genesio inizia ad aprirsi sempre un po' di più. «Io ho iniziato a lavorare come assistente geriatrica. Aiutavo gli anziani della zona a fare il bagno, ad andare in banca, a fare la spesa e ricordavo loro quale medicine prendere. In parole povere: i vicini iniziarono ad apprezzarci». All'improvviso, la voce di Margareth Botte si spezza. Sta rivivendo quell'incubo. Ogni singolo momento di quella giornata, lontana, eppur così vicina. Come ha saputo che suo marito era stato ferito a morte da Ferdinand Gamper? «Era venerdì. Volevo finire prima il mio giro per passare un tranquillo fine settimana con mio marito ed i figli. Appena sono rientrata ho ricevuto una chiamata dalla caserma: mi dicevano di raggiungerli a Bolzano, perché Guerrino era stato ferito ad una spalla. Nella mia testa ho pensato: "Spalla? Allora andrà tutto bene. Si riprenderà presto". Sono scesa con mio figlio. In via Dante era pieno di colleghi di mio marito. Poi mi hanno portata in ospedale. Lì ho incontrato una mia cugina che è medico. Mi ha guardata e mi ha detto: "Margareth, non è la spalla"». La mano della vedova Botte raggiunge la nuca: «Mi ha fatto vedere con questo gesto dove era stato colpito». La donna, che fino a pochi istanti prima, raccontava con serenità e anche un po' di riservatezza di come aveva conosciuto il suo grande amore, ora sta piangendo. E' una donna forte. Lo si capisce dallo sguardo. E' così forte perché non nasconde la propria fragilità. Non nasconde il proprio dolore. «L'aveva colpito alla testa - prosegue -. Ho capito che non poteva farcela. Era in vita grazie ad una macchina. Mi hanno detto di pregare. Ma ero stanca anche per pregare. Ho chiesto a Dio un'unica cosa: prenditelo e fallo riposare in pace. Poi è morto». Margareth Haller guarda fuori dalla finestra e riprende il suo racconto: «Quella mattina mi ha dato un bacio. Si è avvicinato a quel vassoio, proprio in quel punto, dove teneva le pillole della pressione. Poi è uscito, ed io non ho mai più potuto stringerlo a me». Appena si sparge la voce della morte del maresciallo Guerrino Botte, tutto il paese, i carabinieri e la famiglia si stringono attorno a Margareth e ai suoi tre figli. Cosa prova oggi per Ferdinand Gamper? Rabbia? Odio? O lo ha perdonato? «Io non provo nulla per quell'uomo. Posso solo dire che sono contenta che si sia "auto-giudicato". Mi spiego meglio: è giusto che si sia suicidato. Sembra dura come frase. Ma forse era una vittima anche lui. Non sarei riuscita a sopportare un processo. Troppo doloroso». A distanza di sedici anni, Margareth è ancora in contatto con la vedova di Tullio Melchiori, il muratore ucciso poco prima di Guerrino Botte. «Per lei forse è ancora più difficile. Pochi anni dopo ha perso un figlio in un incidente stradale. Tutti mi dicono che sono forte. Ma è difficile anche per le persone forti. Cosa mi manca di Guerrino? Tutto. Mi manca condividere con lui la gioia dei nostri 5 nipoti. Mi manca al battesimo, alla Comunione, a Natale. Mi manca quando non so come andare avanti. E' stato ucciso il primo marzo del 1996. L'anno scorso, al suo anniversario, è morta anche mia madre. Era diventata il mio punto di riferimento. E' dura. E' molto dura. Ma bisogna andare avanti. I miei figli hanno ora la propria vita. E' giusto così. Io invece aiuto altre vedove a superare i momenti bui. I momenti di solitudine. Mi manca Guerrino. Mi manca il mio compagno e confidente».

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