MALTEMPO

Lavazè, distrutti 500 ettari di bosco 

Il sindaco di Nova Ponente Gallmetzer: per sistemare ci vorranno almeno due anni. Ma le piste da sci apriranno in tempo


di Davide Pasquali


NOVA PONENTE. La strada sul versante altoatesino è chiusa da Novale. Fino a passo Lavazè sono otto chilometri. La strada sul versante trentino è inagibile da Varena. Sono circa altri sei chilometri. E così curiosi, turisti della tempesta, fotografi dotati di drone e televisioni non possono salire, e non vedono, e non diffondono le immagini urbi et orbi.

È il dramma dei boschi devastati dalla tempesta nei dintorni di passo Lavazè, la cenerentola del dramma paesaggistico, ambientale ed economico altoatesino di fine ottobre. Contrariamente alla zona del lago di Carezza, ora facilmente accessibile e documentabile, e dunque salita alla ribalta delle cronache (inter)nazionali, qui nessuno vede, in pochi sanno.

Ma il disastro, se possibile, a Lavazè è stato ancora maggiore. Sintetizza in cifre il sindaco di Nova Ponente, Christian Gallmetzer. «Le stime dei forestali parlano di 500 metri cubi di legname persi per ettaro. Per 500 ettari». Moltiplicando ne esce un terrificante 250 mila metri cubi. Un quarto di milione.

Gallmetzer mostra alcune foto, aeree e non. Nella prima, scattata il giorno dopo la tempesta, la strada da Novale per il passo non si vede. Si capisce che è la strada solo perché si scorgono due cime dei pali gialloneri della neve, posati per delimitare la carreggiata. Il resto, alberi. A terra.

«Ci sono voluti quattro giorni, per liberare un minimo la strada e permettere di raggiungere il passo». La strada al transito pubblico è ancora chiusa; al momento non c’è priorità perché a Lavazè in questa stagione è tutto chiuso. Si pensa di riaprire nel giro di una settimana. Ma ci saranno da effettuare vari interventi di consolidamento dei versanti. Idem sul lato trentino del passo, più problematico perché più ripido. La grana grossa sono i boschi posti a nord est di passo Lavazè. «Ci vorrà tanto tempo per sgombrarli dal legname abbattuto». Il peggio è questo: si tratta per lo più di boschi privati, gente di Nova Ponente e sue frazioni. Chi ne possiede tre ettari, chi cinque, chi sette.

Gallmetzer sintetizza benissimo: «Erano la loro Sparkasse». Nel senso: un patrimonio prezioso da mantenere e usare alla bisogna, tagliando poche piante l’anno per tirar su due lire. Ora, tutto è andato giù. Come se uno lavorasse un’intera vita e poi, d’un botto, a fine carriera gli dicessero che la liquidazione, spiace, non c’è mica. Tutti giù, gli alberi. Si sono già tenute due assemblee, martedì ci sarà la terza, si spera definitiva. Sono oltre sessanta proprietari. Dovranno mettersi d’accordo e dare incarico a una ditta privata, grande assai, che sgomberi, porti via («ma dove lo metteranno tutto quel legname?») e tenti di vendere a un corrispettivo possibilmente non ridicolo. «Perché i prezzi sono già in picchiata».

E poi? Ci sono due futuri. Quello prossimo riguarda le piste. «A Obereggen si è sistemato tutto, gli sciatori quest’anno avranno a che fare con panorami in parte differenti da quelli conosciuti, almeno su un paio di piste. Però la stazione aprirà regolarmente». Al netto di temperature basse e innevamento (artificiale e naturale). Idem a Lavazè: «Le piste apriranno regolarmente. Appena caleranno le temperature si inizierà a sparare. L’intenzione è di aprire l’anello al passo e la pista per la Auer Leger. Quella verso malga Lieg è ancora in forse».

E il futuro un po’ più in là? È una vera incognita. «Una volta sgombrati i boschi dagli alberi schiantati, cosa dovremo fare? Ripiantare altri alberi? O dovremo aspettare che sia la natura a rimediare al disastro?» C’è tempo, per pensarci. «Per sistemare i boschi occorreranno almeno un paio d’anni».













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