Lidia graffia ancora: «Smontiamo la Lega» 

Sala piena in via Torino per ascoltare la Menapace: «Voglio vedere la Svp come farà a governare con chi dice “prima gli italiani”. La sinistra si svegli»



BOLZANO. C’era una signora con i capelli bianchi seduta su una panchina in un parco cittadino. Ai ragazzini che chiedevano, raccontava la sua storia di staffetta partigiana. Quella signora si chiama Lidia Menapace e l’immagine inventata di lei al parco è il filo conduttore del libro «Piccola staffetta» di Gianluca Alzati, insegnante milanese, autore di un libro per ragazzi sulla Resistenza, ritagliato attorno a Lidia Menapace e altri protagonisti. La «musa» e l’autore hanno dialogato ieri in via Torino nella sede dell’Anpi, un evento all’interno della Festa della Costituzione. Terzo protagonista Pietro, studente di Bolzano. Ad ascoltare Lidia Menapace c’è anche Bruno Bertoldi, 100 anni, appena celebrato come superstite della strage di Cefalonia: riceve da Guido Margheri la tessera ad honorem dell’Anpi.

Nel libro dunque c’è questa signora gentile che racconta. «Tutto, ma non venga fuori che sono una specie di fata dai capelli turchini», si muove sulla sedia Lidia Menapace. Ama raccontare gli anni come staffetta partigiana, gioca per sottrazione mai per enfasi: «Ho sempre avuto paura, diffidare di chi sostiene di andare dritto senza timori». Non ha ucciso nessuno, perché era già pacifista e allergica agli eroismi vani, «salvati la pelle e renditi utile per il futuro». Ma è una intellettuale con gli occhi puntati in avanti e si stupisce di quanto limitata sia la consapevolezza che «siamo un una fase rivoluzionaria: il lavoro verrà sostituito dai robot. E poi?». Questo suo modo di essere sembra farne una calamita: il libro di Alzati è del 2015 ed è stato presentato in sessanta scuole, con proiezione di una sua intervista, poi il documentario «Lidia Resiste», promosso dallo Spi-Cgil della Toscana, e l’ha ritratta anche Sabina Guzzanti per un suo film. Conosce la Svp da sempre, ci ha lavorato come partner di giunta nel 1964.

Cosa ne pensa di questa fase nuova, una Svp scesa a 15 eletti, che deve decidere se allearsi con la Lega o con i Verdi e il Pd?

«È difficile che finisca bene. I sudtirolesi si sono italianizzati, assumendo i nostri caratteri peggiori. Temo che finirà con uno scambio di interessi reciproci. Bolzano invece potrebbe essere un esempio cristallino di federalismo europeo».

La scelta per la Lega incontra resistenze perché comporterebbe una scelta valoriale.

«Ma certo. Salvini non rinnegherà nulla. Sarà tutto un “prima gli italiani” anche qui. Sui Verdi invece la Svp ha problemi, perché farli entrare in giunta significherebbe prendere le distanze dal modello di sviluppo seguito fino ad ora. Come è giusto fare, visto che siamo alla soglia della catastrofe climatica».

Perché Salvini è diventato il protagonista della politica italiana?

«È abile nella comunicazione, ma approfitta dell’assenza di resistenza. Non serve molto per smontarlo, perché è di una ignoranza impressionante. Quando parla di invasioni straniere, basterebbe ricordagli che può definirsi lombardo solo grazie a una invasione, altrimenti sarebbe un bel gallo cisalpino. Ma non rido, lo ritengo pericoloso, perché ha una idea dello Stato europeo post feudale, che è quello del Cinquecento, l’epoca della massima sovranità, legata al potere legittimo del re. Non a caso la sua affinità è con Orban, esempio degli Stati che non hanno conosciuto la rivoluzione francese, con ciò che ha comportato. La suggestione sono gli Stati sovrani del continente europeo, il più insanguinato, dove sono partite le due guerre mondiali. Le elezioni europee saranno decisive».

Le piazze si riempiono di nuovo, ma non per la sinistra. «Non abbiamo denunciato abbastanza l’impoverimento del linguaggio. Non abbiamo segnalato abbastanza che ogni parola in meno, è un pensiero che cade. Se hai poche parole, anche la tua analisi della realtà si restringe». (fr.g.)















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