Manlio Longon, orgoglio di Bolzano

Commozione alla cerimonia per la cittadinanza onoraria al martire della Resistenza. La famiglia: «Il suo esempio resta»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Manlio Longon è morto a Bolzano, ucciso dai nazisti, e da ieri la città onora questo padovano martire della Resistenza come cittadino onorario. Un albero lo ricorderà sulla Collina dei saggi a Firmian.

«Longon sarà in compagnia di tante figure splendide, che hanno reso grande la nostra città, da Franz Thaler a Josef Mayr-Nusser, Giannantonio Manci, a Claudio Abbado e Ryszard Kapuscinski», ha detto il sindaco Renzo Caramaschi ai tanti familiari di Manlio Longon, arrivati ieri a Bolzano per la cerimonia in Municipio e al parco. La famiglia si è riunita a Bolzano, tre generazioni di discendenti di Longon, dirigente di industria (la Magnesio), che invece di aspettare che passasse l’onda nera del nazifascismo, decise di aderire alla Resistenza. Fu tra i fondatori del Cln di Bolzano e terminò la sua vita tradito torturato e ucciso, con l’ultimo oltraggio di un suicidio simulato, il 31 dicembre 1944. La figlia Mila ha ascoltato la prolusione dello storico Carlo Romeo, le parti più dolorose e il ritratto di un uomo intelligente, coraggioso e generoso.

«Longon non potè vedere la fine della guerra e la liberazione, per cui tanto aveva lottato; né la nascita della repubblica, la Costituzione e, aggiungerei, la nascita dell’autonomia di questa terra. Eppure la sua figura riassume in sé i caratteri del precursore di tutto questo, dell’intelligente mediatore, del politico lungimirante e responsabile. È una figura capace di parlarci ancora», sottolinea Romeo.

Mila Longon Sirianni ha perso presto le sorelle Leda, Loredana e Marcella, cresciute dalla madre Wilma Mincato Longon, rimasta vedova a 29 anni. Accanto a sé ieri Mila aveva tanti parenti, quindici persone commosse, fiere di Manlio. C’erano i figli Nair, Alessandra e Marco, che lavora come astrofisico negli Stati Uniti ed è tornato per la cerimonia. C’era Andrea Longon Ranzato, il figlio di Leda, le mogli e i mariti, i nipotini Filippo, Leonardo, Matilde e Gaia. Alessandro e Catia Sorgato, cugini del ramo materno di Manlio.

Bolzano, attraverso la giunta e il consiglio comunale, hanno deciso di celebrare Longon con la cittadinanza onoraria, ma la sua figura è stata onorata da subito, nel 1946 la prima cerimonia, e non solo a Bolzano. «Il nome di mio padre è circondato da un incredibile rispetto. Mi capita di girare l’Italia e incontrare persone che hanno studiato nelle scuole “Manlio Longon”. Mi presento e mi chiedono “quel Longon?”», racconta Mila, «Mio padre era un uomo che capiva le persone. Quando ha deciso di impegnarsi nella Resistenza, ha valutato che mia madre sarebbe stata capace di occuparsi di quattro bambine piccole, se gli fosse accaduto qualcosa. È una giornata importante». Secondo Marco Sirianni, il nonno Manlio era «un uomo capace di guardare oltre, di pensare a un bene più grande del suo, anche con un prezzo da pagare. La sua linea morale ha influenzato tutta la famiglia». Il tema dell’orgoglio. Andrea Ranzato, figlio di Leda, una ventina di anni fa ha preso anche il cognome Longon, per portarlo avanti. «Mia zia Marcella non aveva figli. Chiese ai nipoti maschi chi avrebbe voluto assumere il cognome Longon, facendosi adottare da lei. Mi sono proposto io». Ieri a Bolzano c’era Paolo Ranzato, il padre di Andrea: «Sono orgoglioso del gesto di mio figlio». Andrea Longon Ranzato viene spesso a Bolzano il 25 aprile per rappresentare la famiglia. Sua figlia Matilde ieri ha legato il nome di Manlio all’albero piantato in suo onore: «Per la nostra famiglia questa giornata significa anche passare il testimone agli eredi più giovani». Alessandro e Catia Sorgato raccontano: «Nostro padre Ippolito e Manlio erano cugini molto legati. Stavano passeggiando sotto i portici di Padova il giorno in cui Manlio confidò a nostro padre che sarebbe entrato nella Resistenza. “Ho deciso”, gli ha detto. “Stai attento, Manlio”». Caramaschi è quasi più commosso dei familiari: «Mi sono tolto un peso dal cuore. Sogno questo omaggio a Longon da quando ero un funzionario del Comune. Andavo alle cerimonie e ci pensavo. Adesso che sono sindaco, ce l’ho fatta». Con Caramaschi, c’erano le autorità civili e militari, l’Anpi (il presidente Orfeo Donatini, Margheri e Schönsberg), il vicesindaco Christoph Baur, l’assessore Sandro Repetto, solo pochi consiglieri di maggioranza (il leghista Vettori unico di opposizione), alla collina arrivati anche Lorenzini e Tommasini. In aula Caramaschi ha detto: «Longon è stato un grande democratico, che con intelligenza e coscienza dei rischi che correva, ha sacrificato la propria vita per i tanti inerti che si sono fatti trascinare dalla storia, affinché potessero poi ritrovare la democrazia. La cittadinanza onoraria a Manlio Longon non è solo un atto di fede nella democrazia, ma un atto dovuto nei confronti suoi e della sua famiglia».

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