Maxisequestro per Rangoni 

L’imprenditore trentino è accusato di aver nascosto al fisco 40 milioni di euro



TRENTO. Nel 2013 aveva dichiarato al fisco un reddito imponibile di 61.348 euro, ma secondo la Guardia di Finanza e la Procura di Trento aveva avuto, in realtà, entrate per quasi 40 milioni di euro, per la precisione 39.324.750,57 euro, evadendo quindi le tasse per 16 milioni e 862 mila euro grazie a una società controllata, la Errenove Sa con sede in Lussemburgo.

Venerdì scorso le Fiamme gialle hanno portato a termine un sequestro record per quasi 17 milioni di euro nei confronti di Renzo Rangoni, 67 anni, uno dei due figli di Armando Rangoni, ora deceduto, notissimo ex patron dell’Italscandia, la concessionaria in Italia dei camion Scania. Rangoni è indagato dalla Procura di Trento per dichiarazione infedele. L’inchiesta era partita da una verifica fiscale nel 2014. Sotto sequestro sono finite le quote per un valore di 777 mila euro di un palazzo di piazza Vittoria, in centro a Trento, del valore di circa 6 milioni, più conti correnti e titoli per un valore di 16 milioni e 84 mila euro. In particolare sono stati sequestrati presso la San Paolo Private Banking 2 milioni e 173 mila euro su un conto corrente, 4 milioni e 648 mila euro di gestioni patrimoniali mobiliari, 3 milioni e 506 mila euro di depositi amministrati in due diversi conti e, infine, 5 milioni e 736 mila euro presso l’Unione Fiduciaria spa.

Tutto è emerso con una verifica fiscale del 2017 che aveva scoperto come la Errenove Sa nel 2013 aveva ceduto alla neocostituita Agasta Sa il 50% delle quote di una lussemburghese di famiglia, la Lifin, per un importo di 39.324.760 euro. Secondo l’accusa, su questi soldi Rangoni non avrebbe pagato un euro di tasse. Procura e Finanza contestano a Rangoni junior un’ipotesi diversa, cioè la dichiarazione fiscale infedele per non aver dichiarato in Italia i redditi derivanti a una società controllata all’estero. Con il passare degli anni la giurisprudenza ha fissato una serie di paletti che rendono molto difficile provare l’ipotesi di esterovestizione. Per questo la Finanza ha preferito procedere contestando a Rangoni di aver violato la norma secondo la quale si deve denunciare in Italia il reddito di società controllate con sede all’estero quando la tassazione nel paese straniero è inferiore alla metà di quella italiana. In questo caso, il Lussemburgo ha una tassazione pari a zero sui redditi societari.













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