Merano, Erna uccisa per un’auto: non gli dava i soldi

Svelato il movente: lei gli rifiutava il denaro per acquistare la macchina. L’autopsia: tre colpi mortali inferti con ferocia a collo, polmone, e stomaco


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Chi ha colpito Erna Pirpamer voleva uccidere, non solo ferire. E’ il dato più importante emerso dall’autopsia effettuata ieri dal dottor Guido Mazzoleni dell’ospedale di Bolzano sul corpo della parrucchiera meranese assassinata l’altra sera da colui che si è definito un ex amante disperato. In realtà la tesi dell’omicidio passionale è stata quasi totalmente accantonata. Sarebbe stato un diverbio per questioni economiche a provocare la tragedia. Aouichaoui Boubaker voleva probabilmente del denaro per acquistare un’auto. Al diniego avrebbe perso la testa. Le coltellate inferte alla donna sono state tre, tutte potenzialmente mortali, e sono state attinte zone del corpo in cui ben difficilmente si può pensare di non correre il rischio di andare a lesionare organi vitali.

La vittima è stata colpita all’altezza del torace, del collo e all’addome. Tutti colpi inferti con estrema forza. Sulla sequenza dei fendenti il dottor Mazzoleni non ha potuto fornire indicazioni certe al sostituto procuratore Luisa Mosna. E’ però molto probabile che il primo fendente sia stato quello inferto all’addome.

Un colpo tremendo che ha trovato la vittima del tutto impreparata ad affrontare un’aggressione di questo tipo e che ha lesionato gravemente le stomaco. La donna, istintivamente, si sarebbe piegata in avanti e a quel punto l’ex parrucchiera sarebbe stata colpita prima nella zona del collo con un terzo colpo inferto con forza in pieno torace nella zona del cuore. Una dinamica che sembra lasciare pochi dubbi sulla determinazione omicida dell’aggressore. Come già accennato, tutte e tre le coltellate erano potenzialmente mortali ma quelle che hanno portato ad un decesso rapido di Erna Pirpamer sono state quelle inferte nella zona del collo e al torace.

Quest’ultima ha lesionato in maniera irreversibile il polmone sinistro con una vasta emorragia risultata non tamponabile. In effetti i primi soccorsi sono riusciti solo ad intervenire per tamponare l’emorragia allo stomaco. In zona cuore-polmone non è stato possibile fare nulla e sono state proprio le coltellate al collo ed in zona torace a provocare il decesso.

Il movente. La sequenza dei colpi è dunque dimostrazione che il giardiniere tunisino che ha confessato il delitto (Aouichaoui Boubaker di 32 anni) non intendeva solo spaventare la donna che ha atteso per quasi tutto il giorno nei pressi di casa. E’ vero che la dinamica ed il tipo di coltellate inferte sono compatibili con l’ipotesi del raptus improvviso ma il racconto reso dell’omicida la notte dell’arresto continua a non convincere gli inquirenti. La tesi passionale, dell’innamorato respinto e disperato, potrebbe nascondere ben altre verità. Proprio per questo, in vista dell’interrogatorio di garanzia previsto domani mattina, le indagini stanno mirando a trovare riscontri a quanto dichiarato dall’omicida sino a questo momento. In primo luogo sul presunto rapporto sentimentale che avrebbe legato negli ultimi due anni la vittima al suo carnefice. Per il momento non sembrano esserci riscontri diretti. Nessuno nel giro delle amicizie e dei parenti della vittima ha confermato agli investigatori di aver saputo di una relazione sentimentale di Erna con il giardiniere tunisino. Non solo. Gli inquirenti sembrano sempre più convinti che la scintilla che ha armato la mano del tunisino sia stata di natura economica.

Il prestito. Nella confessione resa ai carabinieri lunedì notte, Aouichaoui Boubaker (difeso dall’avvocato Enrico Lofoco)avrebbe ammesso di aver telefonato alla donna, chiedendole un incontro, nella speranza di poter ottenere un aiuto economico per l’acquisto di una nuova auto. I rapporti tra i due erano tali che la vittima ha preferito non farlo salire in casa, accettando un appuntamento nei pressi, al parco Maia in via Winkel. Quando il giardiniere tunisino ha capito che la donna non le avrebbe dato nulla, è spuntato il coltello ed è esplosa la rabbia. L’amore, probabilmente, non c’entra nulla o gran poco.

La premeditazione. Per il momento l’imputazione è di omicidio volontario. L’aggravante della premeditazione non è stata contestata ma saranno decisivi alcuni accertamenti. In primo luogo sull’abitudine dell’imputato di portarsi dietro il coltello (con lama di 15 centimetri) utilizzato per uccidere. «L’avevo sempre con me per motivi di lavoro» ha detto al Pm Luisa Mosna. In secondo luogo sul comportamento dell’imputato dopo la tragica aggressione. Saranno i tabulati telefonici a fornire l’eventuale riscontro a quanto sostenuto dal tunisino e cioè di aver chiamato personalmente il 118 non appena resosi conto delle condizioni in cui aveva ridotto la donna. Comportamento (sommato alla decisione di costituirsi subito) che pare in contrasto con l’ipotesi di un piano di morte messo a punto a tavolino.

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