Mignone, un murales per non dimenticare

Seconda guerra mondiale: i ragazzi del Pascoli decorano 30 metri di muro per ricordare eccidio, lager e bombardamenti


di Davide Pasquali


BOLZANO. Trenta metri di muro all’ex caserma Mignone, poco distante dal luogo dell’eccidio nazista che costò la vita a 23 militari. Un vasto murales per non dimenticare, commissionato dal Comune al liceo Pascoli di Firmian in vista delle commemorazioni 2013 per il 25 aprile.

I ragazzi dell’indirizzo artistico-grafico si sono preparati per mesi e in questi giorni sono all’opera in via del Parco. Barattoli di colore sparsi ovunque sull’erba, scalette, pennelli su pennelli, stereo acceso, il prof bonario che sovrintende. Al lavoro una dozzina di studenti di una quinta. L’altra metà della classe è a scuola; si sta occupando della mostra fotografica, del pieghevole e via discorrendo. Contribuisce anche una quarta. Il progetto è una cosa seria: ricerche sul campo intervistando e fotografando alcuni testimoni dell’epoca, che sulla loro pelle vissero la tragedia della seconda guerra mondiale. Dalle fonti si è passati poi alla produzione. A seguire il progetto sono Gianluca Turati, docente di grafica, e il collega di disciplina Emanuele Pasquali, con la collaborazione di vari esperti di murales, fotografia eccetera.

Il murales comincia sulla sinistra, con un libro aperto, da cui fuoriescono i protagonisti: europei, italiani, altoatesini. Su di loro incombe la spada di Damocle della svastica nazista, che sovrasta da un cielo plumbeo. Poco oltre, dalla minaccia si arriva alla cruda concretezza del reale: le macerie dei bombardamenti. Un carrarmato irrompe davanti al IV Corpo d’armata, poco oltre il monumento alla Vittoria, simbolo del fascismo alleato del nazismo, che sovrintende ai deportati in via Resia mentre entrano nella galleria del Virgolo per il lavoro coatto. Poco oltre, l’eccidio della Mignone. Non descritto, ma reso per mezzo di una metafora simbolica: fiori che volano in cielo. Sono 23. Per il momento sono grigi, soltanto abbozzati, ma diverranno colorati, coloratissimi. Ancora oltre, un camion trasporta delle truppe militari, che impediscono il passaggio. Più oltre, le porte del lager, coi suoi muri altissimi, alla fine si aprono. E il popolo, disorientato, finalmente ne esce. È la fine della guerra. Conclude tutto una figura femminile, in mano un libro.

È il simbolo delle nuove generazioni, impegnate a scavare nella memoria, a ricordare e rendere tangibile la storia. Per non dimenticare gli errori e non ripeterli. Per non ricascarci.

«Non è stato per nulla facile», commenta il professor Turati. «Al di là dell’aspetto preparatorio, durato mesi e mesi, anche dal punto di vista tecnico realizzare un murales del genere è un’impresa complessa: i ragazzi hanno dovuto costruire tutti i bozzetti su carta, riportandoli poi con delle griglie sul muro. Ora siamo in fase terminale».

Quest’anno, le celebrazioni per il 25 aprile prenderanno le mosse proprio da qui. Ma dal punto di vista grafico, artistico e didattico, oltre al murales ci sarà un’altra opera visi(ta)bile e degna di nota. «La mostra in Comune, con le nostre foto scattate ai testimoni dell’epoca».

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