«Non vendiamo al signor Benko», dicono no a soldi e super-attico

Via Garibaldi, una coppia si oppone e rifiuta l’offerta dell’imprenditore. «Vogliono radere al suolo il palazzo perché ci abitano gli immigrati»


di Luca Fregona


Prima offerta: 3.500 euro al metro quadro. Ultima offerta: un attico in centro più denaro. Loro - ieri - hanno detto no. A René Benko. Bruno Lorenzi e Gabriella Cecchelin abitano all’ultimo piano del condominio al civico 20 di via Garibaldi, quello degli immigrati, che Benko vuole acquistare, radere al suolo e inserire nel suo progetto di megastore. Bruno e Gabriella sono come Asterix contro Cesare. Irriducibili. Gli altri vendono, loro no. Non vogliono andarsene. «Viviamo qui da 40 anni, è la nostra casa. Siamo in pensione, non abbiamo niente da perdere, non ci facciamo intimidire. I soldi non sono tutto».

Bruno Lorenzi e Gabriella Cecchelin sul terrazzo del loro appartamento (Foto Groppo)zzzz

Condominio Garibaldi. Il condominio Garibaldi è un alveare: una cinquantina di appartamenti di una ventina di proprietari diversi. La maggior parte di loro non ci vive. Affitta agli immigrati. Almeno dieci nazionalità diverse: cinesi, pachistani, senegalesi... Negli anni, questo palazzo di vetro e cemento si è trasformato in una specie di emergenza sanitaria. Il problema era che chi affittava, non rispettava le regole. Infilava fino a 20 persone in appartamenti che ne potevano contenere appena quattro. A 500 euro a testa al mese. «La colpa non era degli immigrati, ma dei bolzanini che li sfruttavano, cacciandoli qua dentro in condizioni penose», dicono Bruno e Gabriella, tra i pochissimi “bianchi” ad abitarci.

Da quando i vigili urbani fanno i controlli per verificare la regolarità dei contratti, la situazione è migliorata. Una volta entravi, e trovavi l’immondizia abbandonata nel giroscale. Adesso è tutto pulito e tirato a lucido. «Questo palazzo non è un caso sociale. Qui invece si vuole risolvere la questione con le ruspe. E in fretta». Sì, perché Benko va veloce. I piccoli proprietari li ha convinti quasi tutti: preliminare firmato entro il 30 ottobre, il 15% della cifra pattuita entro metà marzo. Le lettere di disdetta degli affitti sono state già consegnate. Tutti fuori ad aprile. A ottobre 2014 la demolizione. Ma basta che uno solo di loro dica no, e l’affare salta. Per questo la pressione su Bruno e Gabriella è fortissima.

Vivono in questo palazzo dal 1969. Prima al terzo piano, poi, nel 1996, si sono spostati all’ottavo, nell’attico. «Vendevano e abbiamo comprato». Centoventi metri quadri con una terrazza spettacolare, che guarda a 180 gradi sul Catinaccio. Una casa bella e curata. Molto vissuta. Piena di quadri e ricordi di viaggi avventurosi. La parte notte dà sull’Hotel Alpi, il duomo e il parco della Stazione. Bruno si affaccia dal terrazzo, disegna con l’indice l’orizzonte da est a ovest. «All’alba e al tramonto mi godo lo spettacolo del Rosengarten. Da 40 anni. A questa cosa non rinuncio. E’ la mia casa. Ce la siamo sudata». Ma Benko è un mastino. Insiste. Mette su piatto un sacco di soldi. «Da tre mesi siamo sotto torchio. E’ un sistema di lusinghe e velate minacce».

 

La prima offerta. L’estate scorsa il plenipotenziario di Benko a Bolzano, Heinz Peter Hager incarica uno dei proprietari, il commerciante Stefano Favaro, di contattare tutti gli altri e fare una prima offerta. «Favaro ci chiama, dice che Benko vuole comprare. Che offre tra i 3 e i 4 mila euro al metro». Favaro sa che Bruno e Gabriella sono “ossi duri”. Lei negli anni Ottanta è stata consigliere comunale della Lista alternativa di Langer. Lui ha diretto la Funzione pubblica della Cgil. Hanno sempre avuto una posizione diversa sugli immigrati. A loro piace vivere al “Garibaldi”. Lo scorso settembre, il mediatore li ricontatta. Benko ha fissato il prezzo. «Vi dà 3.500 euro al metro».

«Sembrava di essere al mercato - racconta Bruno -. Gli diciamo che non se ne parla. Lui replica che siamo gli unici ad opporci e che gli altri proprietari ci faranno la guerra...».

L'ingresso del condominio Garibaldi (foto Groppo)

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Tratta Hager. A questo punto si muove Hager che li contattata di persona. «Hager ci spiega che il nostro condominio non c’era nel progetto originale. E che Benko l’ha infilato dentro per motivi politici». Una specie di segno di buona volontà verso l’amministrazione. Voi mi date il via libera al megastore, e io vi elimino la grana del suk a due passi dal centro. Il palazzo all’angolo con via Alto Adige e quello del sexy-shop restano in piedi, vanno giù il “Garibaldi” e la vecchia sede della Camera di commercio dove oggi c’è un’associazione che assiste i tossicodipendenti. «In pratica - sintetizza Bruno - Benko si offre di fare “pulizia” gratis. Ma la gente che abita qui, gli immigrati intendo, si sposteranno solo da un’altra parte. Cosa vogliamo farne? Metterli in un lager?».

La visita del sindaco. Dopo un nuovo rifiuto da parte della coppia, un giorno suona al campanello il sindaco Spagnolli. «Non è certo passato per un caffè... - racconta Bruno -. Ha voluto vedere la casa, ci ha chiesto se volevamo vendere. L’ha presa alla lontana. Voleva capire fino a che punto eravamo determinati. Poi ha buttato lì: “certo che se voi non vendete, qui salta tutto...”». Dopo la visita del sindaco, Hager si fa sotto di nuovo. Bruno lo provoca: «Se mi offre un appartamento grande come questo - gli dice -, con una vista come questa, e senza spese per il trasloco, allora forse possiamo iniziare a parlare».

L’ultima offerta. Hager lo prende sul serio. Ieri mattina, nel suo elegante ufficio di piazza della Mostra, il commercialista mette sul piatto le piantine di cinque attici in centro. Tutti con vista spettacolare. «Scegliete», dice. E aggiunge anche dei soldi. Insomma, una di quelle proposte “che non si possono rifiutare”. Ma Bruno e Gabriella, dicono ancora no. Hager, imperturbabile, ributta la palla dall’altra parte: «Pensateci su e chiamatemi quando volete...». Stile Benko. Tutti hanno un prezzo.

Bruno e Gabriella non nascondono di essere storditi da una vicenda che non hanno cercato nè voluto. «Non capisco questa insistenza - dice lei -. In fondo, con o senza il “Garibaldi”, il progetto andrà avanti». Bruno è andato a vedere il plastico a Palazzo Menz: «E’ un mostro di cemento. Cancella il parco e l’hotel Alpi. Qui non si tratta del nostro appartamento, ma del futuro di questa città. Per questo diciamo no». Tutti hanno un prezzo? Tutti, tranne Asterix.

 













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