«Ok alla grazia ma prima chieda scusa» 

Lo storico Heiss: lo Stato fa bene a mostrarsi clemente, ma serve un segnale di pentimento


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Per il “bravo ragazzo” è in arrivo la grazia. Giusto professore? «Sì, una democrazia matura sa essere clemente. Sono passati anni, tanti anni. Ma...». E qui Hans Heiss, storico prestato per qualche tempo alla politica (dal 2008 al 2013 in consiglio coi verdi), docente, ricercatore, dirigente dell'archivio provinciale, scrittore, una passione per il Tirolo dentro l'antico regime e le rivoluzioni su cui ha scritto libri importanti, si prende una pausa: «Ma a condizione che vi sia un segnale di pentimento. Voglio dire: una qualche presa di distanza da quegli attentati che non buttarono giù solo tralicci ma anche tante vite, morti, sangue... Ecco, un'ammissione di colpa almeno a livello personale se non politico, avrebbe costituito un atto di dignità, di rispetto per le vittime».

Ma questo pentimento non è arrivato. Né da Heinrich Oberleiter, per il quale, appunto, la procura di Brescia ha inoltrato a Mattarella domanda di grazia, né dagli altri “Pusterer Buam” i “bravi ragazzi della valle Aurina”. Una banda-commando di primule rosse (Siegfried Steger, Sepp Forer, Heinrich Oberlechner gli altri) che sparse il terrore in Alto Adige tra gli anni '60 e '70. Prima azione contro la diga di Selva dei Molini, poi un crescendo di azioni spesso sanguinose, tanto che ai quattro vennero attribuiti molti omicidi, tra cui quelli di Vittorio Tiralongo, Palmerio Ariu e Luigi De Gennaro, carabinieri e del finanziere Bruno Bolognesi.

Dice in sostanza Hans Heiss che se si prova chiudere i conti con una stagione da una parte (quella giudiziaria italiana) ci si aspetterebbe che anche l'altra ci provasse.

Invece no.

«Ecco, è questo che mi fa riflettere. L'assenza di qualunque riflessione critica. Che, da parte di un protagonista, potrebbe anche diventare una riflessione almeno personale. Di presa di distanza da quelle azioni».

Ma la richiesta di grazia sarebbe corretta?

«Certamente. Uno Stato solido, che guarda anche al suo passato con gli occhi di oggi e non solo di ieri è in grado di compiere queste azioni. Mi preoccupa, e lo dico da storico, che questo non avvenga da parte degli autori di quei gesti».

Molti esponenti della destra sudtirolese hanno esultato per questa concessione. È corretto?

«Aggiungo che non solo la destra ma anche, ultimamente, il presidente Kompatscher ha insistito perchè la grazia venisse estesa a tanti altri. Dico che è una posizione plausibile da parte di un presidente, che non si può sospettare di simpatie per certa destra, e che non fa altro che insistere su una posizione che tanti hanno portato avanti».

Ci sono ricercatori che dicono: senza le bombe non sarebbe arrivata l'autonomia. È corretto, storicamente?

«Beh, si e no. Innanzitutto le bombe sono una cosa, gli omicidi un'altra. E i quattro bravi ragazzi sono accusati di assassini non solo di attentati. E questo è un punto».

Anche perché i terroristi non agivano certo perché erano favorevoli all'autonomia. Il loro orizzonte era l'autodeterminazione no?

«Era così. Per cui sgombriamo subito il campo. Ma l'altro punto riguarda l'ottica con la quale si osservano quegli anni. Non c'è la controprova ma sono scettico».

Cosa intende?

«Che gli attentati hanno certamente ottenuto uno scopo. Che è questo: improvvisamente e proprio mentre era in corso il processo di Milano contro gli autori dei primi attentati, l'opinione pubblica italiana scopre che in Alto Adige non va tutto bene. Questo avviene in un momento di stallo delle trattative».

Ma la politica stava comunque agendo trattando, non crede?

«Ne sono convinto. C'erano dinamiche in corso già allora che stavano conducendo ad una conclusione: all'orizzonte c'era l'autonomia. E il processo mi sembra che fosse inarrestabile, attentati o no. Infatti, quando in Italia cessano i monocolori, il centrismo, e si fa strada il centrosinistra con l'apparizione dei socialisti ma anche, se non soprattutto, dei democristiani alla Aldo Moro questi processi politico-diplomatici mostrano di essere molto solidi. E poi c'è il ruolo della stessa Austria, che accompagna e condivide le dinamiche verso l'intesa».

Forse si può dire che gli attentatori volevano boicottare l'autonomia?

«Si può dirlo. Come pure che furono, questo sì, usati da settori della Svp per accelerare alcuni passaggi verso la conclusione delle trattative».

Un pentimento da parte di Oberleiter e di altri esponenti di quelle formazioni perchè sarebbe importante?

«Perché chiuderebbe una stagione. Oggi l'autonomia è matura, ci sono infinite competenze, per i sudtirolesi si può dire esista l'autogoverno. Tanto che le questioni oggi riguardano più la minoranza italiana che non quella sudtirolese. Si cerca di dialogare, si ragiona sulla scuola, sulla convivenza. Ecco, non è solo una grazia che può chiudere una stagione se, da parte di molti altoatesini, non si fa una riflessione su quegli anni guardandoli da adesso, da quello che si è ottenuto. Un pentimento, da parte di Oberleiter, sarebbe semplicemente un atto di di dignità storica».

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