Operatori 118, la difesa:  «Fatto ciò che si doveva» 

L’equipaggio dell’ambulanza sostiene di non essere stato informato a dovere L’accusa è forte delle registrazioni delle telefonate: «Organizzazione carente»


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Sarà un altro pubblico ministero ad occuparsi del procedimento penale a carico dei due operatori del 118 accusati di omicidio colposo in concorso in relazione alla morte di una donna bolzanina di 76 anni di cui la guardia medica aveva consigliato l’immediato ricovero in ospedale a seguito di una sospetta emorragia intestinale. Il rigetto della richiesta di archiviazione e la decisione del giudice Emilio Schönsberg di disporre l’imputazione coatta a carico dei due indagati, porterà ovviamente la Procura a chiedere il rinvio a giudizio dei due presunti responsabili della tragedia. I due indagati devono rispondere di omicidio colposo in concorso, ma le rispettive posizioni sono profondamente diverse. L’avvocato Mauro De Pascalis (difensore del centralinista telefonico che ricevò la richiesta di intervento dalla figlia della vittima) è convinto di riuscire a provare che il proprio assistito fece esattamente quello che doveva fare e cioè inviare a casa della paziente un’ambulanza con equipaggio di base (codice giallo) per procedere al trasporto in ospedale dell’anziana, così come indicato poco prima dal medico di guardia. In sostanza la difesa del centralinista (nè medico, nè infermiere) sinora ha sempre sottolineato in primo luogo che non poteva essere compito suo valutare le condizioni della paziente, in secondo luogo che sarebbe stato il capo equipaggio dell’ambulanza (nè medico, nè infermiere) a decidere autonomamente a non procedere al trasporto in ospedale scambiando l’emorragia in atto per i sintomi di un’influenza, affermando tra il resto che «se ci fosse stato in atto una emorragia interna la paziente sarebbe già morta». Ovvio che la posizione del capo equipaggio (difeso dall’avvocato Elohim Rudolph Ramirez) è molto delicata perchè sembra aver incredibilmente ignorato la valutazione diagnostica del medico di guardia che aveva consigliato l’immediato ricovero. Agli atti del procedimento, però, ci sono alcune comunicazioni telefoniche tra il capo equipaggio ed il centralinista del 118 che (sebbene al corrente della precedente valutazione della guardia medica) chiese al collega sul posto se avesse «fatto la visita» (nonostante non avesse alcuna competenza sanitaria) accettando la decisione di non procedere al trasporto in ospedale della paziente. Sino ad oggi gli operatori dell’ambulanza (due volontari ed un “leader” senza qualifica) si sono difesi sostenendo di non essere mai stati messi al corrente della valutazione del medico di guardia. Circostanza, questa, che il giudice Emilio Schönsberg ha definito «poco credibile» anche a seguito della telefonata (registrata) con cui la figlia della vittima chiese l’intervento dell’ ambulanza su consiglio del medico. La difesa (con gli avvocati De Pascalis e Ramirez) cercheràò di far pesare la testimonianza dei due volontari (circa la mancanza di un’adeguata informazione sulla situazione) ma la strategia rischia di trasformarsi in un boomerang per il centralinista del 118 che potrebbe essere accusato di non aver adeguatamente spiegato all’equipaggio esterno quelle che erano state le (uniche) indicazioni da parte di un medico: procedere al ricovero.

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