Per ricostruire questo paese si deve credere nel voto

L'editoriale del direttore dell'Alto Adige


di ALBERTO FAUSTINI


L’Italia che oggi va a votare è tutta in una battuta di Dennis Redmont: «Questo è l’Absurdistan». L’ex pezzo grosso dell’Associated Press, che ha costruito nel nostro Paese tutta la sua carriera, chiama proprio così l’Italia: Absurdistan. Del resto, in America i contendenti sono sempre due. E alla fine uno comanda e l’altro ammette la sconfitta. Perché la stabilità del Paese viene prima. Qui i contendenti sono mille. E alla fine i perdenti tentano di azzoppare chi vince. Perché il Paese viene sempre dopo.

Redmont - che peraltro ha deciso di vivere in Italia, perché non lo si può non amare, questo Paese - fatica a capire come mai, in campagna elettorale, anche gli alleati se ne dicano di tutti i colori. E non si spiega come tutti possano escludere di dar vita ad un’intesa (quella fra Bersani e Monti) che è nelle cose da sempre.

Non è facile - per chi deve raccontare la storia contemporanea dell’Absurdistan - nemmeno capire come si possa chiedere ad un tecnico di fare un governo di salute pubblica disarcianonandolo prima che possa anche solo tentare di realizzare le attese riforme. E non è certo più semplice comprendere come lo stesso tecnico, malgrado mille rassicurazioni contrarie, decida di salire in politica o come l’ex premier faccia di tutto per restare in campo.

Ci vorrebbe un comico, per spiegarlo. E in Italia c’è ovviamente anche quello: riempie le piazze e aizza la folla. C’è chi lo teme. Chi lo ignora. Chi lo denigra. E chi gli ricorda, giustamente, che sfasciare (tentazione che viene ad ognuno di noi) e costruire non sono esattamene la stessa cosa. Sulle macerie si crea un’emozione, non un Paese nuovo, onesto e serio come quello di cui abbiamo estremo bisogno.

L’Alto Adige è impermeabile rispetto a tutto questo? Basta girare un qualsiasi quartiere per capire che il partito di chi non ne può più è consistente quasi come quello di chi ritiene che ci sia un’Italia da ricostruire. In tal senso, non smetto di chiedermi cosa sarebbe successo se Renzi avesse vinto le primarie del Pd: probabilmente l’anziano Berlusconi non si sarebbe candidato, il tecnico Monti sarebbe rimasto alla finestra (con vista sul Quirinale o su qualche poltronissima) e Bersani si sarebbe messo a disposizione, con tutte le sue capacità. Persino Grillo avrebbe visto spuntata una delle sue armi preferite: quella dei vecchi politici parassiti incollati alle poltrone. Scegliere fra seduzione, sovversione e soluzione è comunque ancora possibile.

E qui? La Svp è preoccupata, anche se l’alleanza organica con un Pd di nuovo forte e con gli autonomisti trentini è rassicurante. Interessante, piuttosto, vedere chi, a destra, uscirà vivo dalla divisione delle divisioni, e scoprire se i verdi torneranno a contare. La storia insegna che il bipolarismo - anche se imperfetto - annienta tutto il resto. Ma anche qui ci sarà qualche sorpresa. E sarà un ottimo test in vista delle ormai imminenti provinciali.

Dimenticavo: votate. E’ un diritto, un dovere e anche una necessità. Ci sono cose che non si possono proprio delegare.













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