Perseguita la collega e la iscrive alla chat erotica 

Finisce male il rapporto di lavoro tra due impiegati di una banca cittadina L’uomo, denunciato per stalking, l’ha risarcita ed è stato costretto a dimettersi


di Mario Bertoldi


BOLZANO. «Disturbo situazionale acuto da stress con ansia e somatizzazione reattiva». È la diagnosi segnalata su un certificato medico allegato alla querela per stalking presentata dalla vittima del presunto comportamento persecutorio. La particolarità del caso, finito davanti al tribunale di Bolzano, è che i protagonisti della vicenda sono due colleghi impiegati presso un noto istituto bancario di Bolzano. Due impiegati, insomma, che per diversi mesi hanno lavorato praticamente uno di fronte all’altra secondo i ruoli (tutti di concetto) per i quali erano stati assunti. La vicenda giudiziaria non ha chiarito del tutto che cosa abbia incrinato il rapporto tra i due nell’ambito del contesto lavorativo.

Pare non c’entrino nulla questioni di carattere sentimentale. Resta il fatto che la donna, dopo un periodo estremamente difficile con il collega in questione, si è trovata nella necessità di rivolgersi ad un avvocato chiedendo di essere tutelata a livello legale. La malcapitata, infatti, si era trovata improvvisamente subissata di telefonate di tipo erotico (con anche numerosi messaggi tramite Whatsapp) dato che qualcuno aveva pensato bene di inserire il numero di telefono privato della donna nella chat a luci rosse denominata “chat 5” e precisamente nella stanza chiamata “sex chat”. L’impiegata si rivolse subito alla polizia postale che non solo riuscì a bloccare la chat ma ricostruì anche come e perchè il numero della donna fosse diventato pubblico su una piattaforma digitale erotica. Fu così accertato che era stato proprio il collega (con cui i rapporti erano diventati sempre più tesi) ad inserire il numero telefonico privato della donna nella chat. A quel punto la vicenda è finita sul tavolo della Procura e l’impiegato in questione si trovò sotto procedimento penale con l’accusa di stalking in quanto emerse, dal racconto della presunta parte offesa, che i comportamenti illegittimi nei confronti della stessa erano stati diversi e ripetuti,n tanto da configurare un comportamento persecutorio. La donna aveva infatti denunciato di essere stata più volte offesa sul posto di lavoro anche in presenza di altri impiegati con epiteti quali «lavativa, stupida, incapace, sei talmente stupida che addirittura vuoi procreare e trasmettere i tuoi geni di stupidità» accusandola anche di essere «una raccomandata ed una spia della direzione». Nel corso del processo , che si è concluso l’altro giorno davanti al giudice dell’udienza preliminare, l’avvocato della donna ha sottolineato - documenti sanitari alla mano - che questi atteggiamenti «molesti e morbosi» avevano determinato nella persona offesa «uno stato di costante ansia» dato che la donna viveva le proprie giornate lavorative nel timore che qualsiasi azione o frase potessero scatenare nel collega comportamenti vessatori.

Vista la situazione, l’uomo ha pensato bene di evitare un pubblico dibattimento e ha trovato con il legale della donna un accorto risarcitorio. L’impiegata, dunque, è stata risarcita per i danni morali subiti e ha ritirato la querela, bloccando il procedimento. Nel frattempo la direzione della banca ha provveduto da subito a trasferire l’uomo ad una filiale dell’istituto. Dopo pochi mesi lo stesso impiegato, per evitare un procedimento disciplinare interno, si è trovato un altro impiegato e si è’ dimesso.

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