Piazza Vittoria, i clochard si spostano 

Tre hanno accettato di andare nei centri per senzatetto, due sono stati ricoverati in gravi condizioni. Resta un irriducibile  


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Non va chiamata “operazione piazza pulita”. Lo invoca Liliana Di Fede, a capo dei servizi sociali: «Perché si tratta di persone» dice. Le quali, in qualche modo, provano a cercarsi spazi di libertà. Ma il risultato è che piazza Vittoria non appare più come il luogo del nostro scontento, fronte aperto del degrado urbano: i clochard non ci sono più. E non sono stati deportati a forza. «C'è stato un lungo lavoro di coordinamento tra enti e istituzioni - dice il sindaco che da l'annuncio di prima mattina -, difficile, complesso. Non posso prenderli e portarli via, vanno convinti, si deve spiegare loro ogni particolare di un possibile trasferimento». La sostanza tuttavia è questa: un clochard, l'unico di nazionalità italiana ha accettato di trasferirsi a Milano (“ha un appoggio lì” glissa Liliana Di Fede); un altro, un romeno, è ora a Merano presso una struttura; un altro ancora è adesso in viale Trento, nel centro di accoglienza dove riposa ed è nutrito e curato; due, entrambi dell'est, sono invece ricoverati in ospedale. Uno di loro soffre di una grave forma di scabbia, l'altro di infezioni alla pelle non di facile soluzione. Via tutti? In realtà ne resta uno. Ieri mattina lo si poteva vedere bere da un cartone in solitudine. «Si sta provando anche con lui a muoversi con cautela, senza forzature - raccontano ai servizi sociali del Comune - tentando di convincerlo a seguire gli altri almeno nel centro di viale Trento». Alla fine sono cinque le persone, un italiano e gli altri comunque comunitari quindi nell'impossibilità di essere trasferiti con foglio di via essendo cittadini europei, a non gravitare più su piazza Vittoria. «Non posso dire che sia stato un successo perché è triste in ogni caso agire nei confronti di uomini che hanno perso tutto ma che non hanno il desiderio di andare a stare meglio - commenta Caramaschi - ma certamente abbiamo dato un esempio di civile soluzione di una emergenza. Facile invocare manette e deportazioni o, peggio, chiedere l'uso degli idranti. Sono europei, uno è italiano, un conto sono gli slogan un altro guardare alla realtà delle norme». Concreta è stata la collaborazione delle forze di polizia e della prefettura. Qualche resistenza, pare, sia stata inizialmente opposta dalle strutture ospedaliere. Poi rientrata. Preoccupa la gravità delle condizioni dei due clochard dell'Est Europa. «Non vi dico come li hanno trovati appena iniziati gli esami - dice ancora il sindaco - da far accapponare la pelle. E qui mi sento di dire parole chiare a chi insiste nel far loro l'elemosina, nel dar loro da mangiare nonostante la presenza di strutture apposite e di favorire in qualche modo la loro voglia di starsene per strada. Ebbene - conclude Caramaschi - temo che l'elemosina serva soprattutto a chi la fa. Quello che invece ognuno dovrebbe fare è convincerli ad affidarsi alle strutture, ad accettare un vero aiuto. Che non consiste in un cartone di vino...». Ora l'attenzione è puntata sull'unico rimasto sulla piazza. Sono giorni che, con delicatezza, si prova ad avvicinarlo e a spiegargli la situazione. È stata anche tentata una sua visita medica. Senza successo: sono come impauriti e temono di essere costretti ad andarsene. In conclusione: l'emergenza sembra conclusa in piazza Vittoria. Da settimane quel luogo fortemente identitario era una vetrina del degrado, per le opposizioni di destra, o il luogo dell'abbandono, per le altre. «Ci siamo mossi dentro un passaggio, anche politico , molto stretto» confessa Liliana Di Fede. Che da un versante doveva rispondere alle giuste esigenze dei cittadini a non vedersi più circondati da una umanità che aveva preso i portici e i giardini della Vittoria come la propria stanza da letto, con bagno annesso. Dall'altro evitare di forzare la mano, limitando quanto più possibili la forza coercitiva di leggi che, comunque, non prevedono nessuna possibilità di trasferimento senza l'assenso dell'interessato. Cinque persone, in ogni caso, dovrebbero passare adesso una notte migliore di quella di ieri.













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