Raccontare e spronare i cambiamenti

di Alberto Faustini


Alberto Faustini


Se c’è un confine fra la storia e la memoria, questo territorio è lì. Spesso prigioniero del passato, delle mille contrastanti letture di ogni singolo episodio, l’Alto Adige/Südtirol costruisce faticosamente il presente di giorno in giorno.

Fino a quando la memoria non diventerà storia - se non condivisa, almeno vidimata dalle varie anime di questo luogo incantevole -, fino a quando insomma i ricordi laceranti non lasceranno spazio ad una generazione (di uomini, ma anche di pensieri) davvero nuova, capace di costruire il futuro senza dimenticare la complessità delle proprie radici, l’Alto Adige/Südtirol continuera a restare un castello dorato parzialmente immobile e pieno di contraddizioni.

Si muove il territorio. Si muovono - spesso a gran velocità, come questo giornale ha ben raccontato nell’ultimo periodo - le persone e le imprese. Ma la politica, da una parte e dall’altra, si guarda bene dall’assecondarne i movimenti, le accelerazioni: all’investimento nella modernità, i partiti tendono a preferire la stantia «sicurezza» della strumentalizzazione del passato. Non è sempre così, per fortuna: ed è questa la grande sfida di tre comunità (quella italiana, quella tedesca e quella ladina) che sono minoranze o maggioranze a seconda del punto d’osservazione, della chiave di lettura, dell’interpretazione del momento

Questo giornale, che da oggi ho l’onore di dirigere - raccogliendo il testimone da Baraldi, che ringrazio, e dai tanti maestri che l’hanno preceduto, fra i quali mi piace ricordare anche mio padre - è chiamato a raccontare ogni giorno l’unicità e la complessità di questa terra, delle persone che la abitano.

Io ho la fortuna d’essere cresciuto qui, dentro il frullatore delle tensioni, ai piedi dei muri invisibili che hanno spesso vanificato ogni ricerca di dialogo. Restiamo un esempio di convivenza, per il mondo: perché abbiamo spento i conflitti, sedato le proteste. Ma sotto la cenere, troppa brace infiamma ancora l’azione di molti.

Ho fatto l’asilo alle Marcelline, le elementari alle Dante, le medie alle San Quirino, diventate improvvisamente Napoli. Dai banchi del Liceo Torricelli ho visto spegnersi i fuochi di chi, molti anni prima, aveva fatto il ’68 e riaccendersi continui focolai di microconflitti etnici. Ho visto le cadute, l’entusiasmo, le emozioni, le distanze.

Nel mio “ritorno al via”, nella curiosa partita al Monopoli della vita, ritrovo il giornale che riempiva casa mia di parole, di pensieri, di discussioni, anche di paure. Ritrovo la lente dalla quale ho guardato il mondo, le pagine che hanno segnato la storia di questo territorio, gli articoli che hanno reso l’Alto Adige un baluardo di libertà e di dialogo, una bandiera di un’italianità da difendere, ma capace di confrontarsi con il mondo tedesco e ladino, l’autorevole voce di una minoranza ora orgogliosa e ora rassegnata.

Sono nato tre anni dopo la Notte dei fuochi e non avevo ancora nove anni, quando il vescovo Gargitter lavorava per abbattere i muri e Durnwalder entrava in consiglio provinciale. Andrea Mitolo abitava a meno di 100 metri da casa mia. La mia maestra era la sorella di Alcide Berloffa. La Biancofiore non era nata e non faceva telefonate...

Questa città e questo territorio sono uno stato d’animo, un marchio che insegue o accarezza. I fuochi (ora solo verbali, ma non per questo meno preoccupanti) resistono al tempo. Insieme alle incomprensioni. Le facce di chi conta sono quasi sempre le stesse. Durnwalder governa come se fosse alla sua prima legislatura. Il Comune di Bolzano è uno dei pochi elementi di discontinuità nella continuità. Gli italiani faticano a fare massa critica. I tedeschi meno, ma iniziano a dividersi. E i ladini, giustamente, non stanno più solo a guardare. Questo giornale ha raccontato ogni cosa. E proseguire lungo questo tracciato, in una storia di impegno civile che dura da più di 60 anni, è fondamentale. Ma l’Alto Adige cercherà anche altro vento, idee diverse, volti imprevedibili: perché c’è un nuovo Alto Adige/Südtirol, aperto al mondo, più attento all’ambiente, moderno interprete dell’idea del dialogo, dello sviluppo e dell’innovazione. E questo giornale è chiamato a spronarlo, a scoprirlo, a raccontarlo. Guardandolo - con un occhio libero - nel suo insieme.

a.faustini@altoadige.it 

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